Valerio Vecchi: Il mondo dello spettacolo e della TV è comunicazione ed esige naturalezza

Valerio Vecchi nasce il 26 febbraio 1994 e fin da piccolo si diletta in spettacoli teatrali sotto l’ombra del campanile. È proprio dalla “gavetta” del teatro parrocchiale che nascono ben più ambiziosi progetti, la voglia di vivere ogni giorno il mondo dello spettacolo, di esserne parte integrante.

Valerio Vecchi
Valerio Vecchi

Valerio, se ti dovessi descrivere, quali aggettivi useresti?

Curioso. Chiudo gli occhi e cerco di immaginare con curiosità quello che sarà del mio futuro. Immagino, penso, rifletto e infine creo. Quindi anche creativo e riflessivo. Mi viene difficile descrivermi, perché ognuno mi vede nel mio essere così istrionico e coglie ogni situazione o sfaccettatura. Lascio agli altri, quindi, il “compito” di descrivermi, senza mai giudicare.

Il Valerio di qualche anno fa è diverso dal Valerio di oggi?

Il Valerio di oggi è più maturo, meno ragazzo e più uomo. Affronto le situazioni con naturalezza, determinazione e lascio andare naturalmente, appunto, le cose senza più forzarne il corso o avere la fretta di “arrivare” a uno scopo. Questi ultimi anni, le mie ultime esperienze di vita, situazioni che si toccano con mano mi hanno portato alla consapevolezza che le cose belle prima o poi arrivano, basta aspettare.

Un passo alla volta: dal teatro alla pubblicazione di un libro. Cosa è avvenuto nel mezzo?

Il teatro è stata la miglior scuola di vita che io potessi vivere. L’ho vissuta nelle vesti di attore, autore e regista. Probabilmente era lo stadio embrionale di quell’essenza che poi è sbocciata nel tempo. La scrittura è sempre stato il denominatore comune. Prima scrivevo stralci di vita, che portavo in scena, poi ad un certo punto ho deciso di scrivere per gli altri, per gli ultimi, anche raccontandomi. Non bisogna avere vergogna di mettersi a nudo quando si ha a che fare con il pubblico. La gente deve conoscere ogni tua sfaccettatura, deve conoscere il tuo passato, cosa hai vissuto o provato per poter vivere con te l’emozione di una serata o di una trasmissione. Così è nato il mio primo libro.

Ci vuoi raccontare qualcosa della tua prima opera autobiografica “La spettacolare storia di Ebenizer” edita da PiM e in seguito da Amazon Indipendent Publishing?

Val

È un libro da “mille e una notte”. L’ho pensato come un’opera che compri e leggi tutto d’un fiato. Ti sdrai sul divano, musica in sottofondo, un bicchiere di vino e il viaggio incomincia.

Come dicevo poco fa, l’ho scritto immaginando. Ho immaginato chi potessi essere al crepuscolo dei miei giorni. Non per una nota di negatività o per una tragica malinconia. Per essere ricordati, bisogna essere incisivi, non puntare sulla quantità dei contenuti ma la qualità.

È un viaggio terribilmente introspettivo che prima di dare alla stampa mi ha portato a riflettere parecchio perché generalmente questi argomenti li tocca chi è molto più maturo sia anagraficamente che editorialmente.

Sono felice che sia stato capito, sia stata colta la mia essenza, così, ho deciso di continuare a scrivere e ben presto ne uscirà uno ancora più dettagliato. Non entrò mai nella situazione specifica o nelle persone, utilizzo la tecnica del narratore onnisciente. Così come è la vita se ci pensiamo, no? Solo noi sappiamo tutto di come siamo veramente. In questo caso mi immagino che chi racconta sia lo specchio di me.

Approdi poi giovanissimo alla tv con la cura e la conduzione di un programma che ti ha visto in onda per centinaia di puntate. Cosa ti ha dato questa gavetta?

Questo percorso artistico, è stato lo “sbocciare” di una nuova persona e personalità. Ho avuto la grandissima fortuna di condurre un programma musicale in diretta con le linee telefoniche aperte, ogni giorno. Raccoglievo quindi ogni minima sensazione o stato d’animo. La gente si confidava, parlavamo, c’era un contatto diretto ed era così meraviglioso sapere che chi ti stava parlando in realtà ti stava anche guardando con costanza. Tante volte il ruolo del conduttore presuppone distacco, una certa autorità. No. Io iniziavo la diretta come se incontrassi un vecchio amico e ci sedessimo ad ascoltare insieme la canzone che sceglieva.

Sono riuscito anche grazie ai consensi e all’affetto a dare un volto alle voci che ancora oggi mi scrivono o con cui ci sentiamo. Questa gavetta, insomma, mi ha dato modo di saggiare quello che deve essere la televisione: una comunicazione naturale.

L’incontro con i professionisti di TelePavia, ora Milano Pavia Tv, è stato una spinta per poi proiettarmi verso realtà nazionali, con le quali ho avuto la fortuna di collaborare, anche se le radici dell’anima sono ben radicate in quella realtà locale.

Il mondo dello spettacolo che cosa è per te?

La fortuna di aver provato così giovane così tante esperienze mi permette di rispondere senza alcuna presunzione a questa domanda. Il mondo dello spettacolo deve essere la proiezione della vita reale. Rappresenta il “portare un messaggio”. Intrattenere una persona su una poltrona di teatro, condurla ad ascoltare la presentazione di un libro, a guardare la tv, non è facile.

Bisogna essere unici e veri, mostrarsi per quello che siamo. Io non mi sono mai vergognato di ridere a una battuta fuori copione, commuovermi durante la diretta. Quando si spengono i riflettori e rimaniamo soli, per noi termina il lavoro, la passione, mentre c’è gente che pensa ancora a te, a come hai cambiato l’umore solo con la tua presenza.

Il mondo dello spettacolo, sembra banale dirlo, ma è comunicazione.

Sei molto impegnato anche nel sociale e attivo in ambito parrocchiale. Come metti a frutto la tua creatività in tal senso?

Cerco sempre di portare innovazione, aiutare dove c’è bisogno senza mai strafare. Tante volte il grido dei giovani rimane inascoltato.

La creatività la metto a frutto essendo semplicemente me stesso. Dai progetti inarrivabili a quelli più banali, proponendo di continuo senza mai fermarmi. C’è bisogno di una forte spinta giovanile, di aria fresca, di idee nuove non solo in un ambito come la parrocchia, ma forse molto più ampio… (sorride ndr).

Insomma, teatro, tv, eventi, musica: quali progetti hai per il futuro?

Prendo tutto quello che la vita ha da regalarmi. Per il futuro, voglio pensare solo a essere sempre più ambizioso, avere la capacità di mettermi in gioco con responsabilità, rispettando gli impegni presi e le idee e le situazioni che mi impongono determinate scelte.

Resto sempre quel ragazzo, quel “fanciullino” come direbbe Pascoli, ora però divenuto uomo con il suo carico di responsabilità, con in suo bagaglio culturale e tanta voglia di vivere la vita e vi assicuro… la vita regala sempre delle grandi sorprese!

Valerio Vecchi

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