Domenica 11 agosto 2024, XIX domenica Tempo ordinario (Anno B)
“IO SONO IL PANE VIVO!” Gv 6, 41-51
In quel tempo, i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: “Io sono il pane disceso dal cielo”. E dicevano: “Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?”.
Gesù rispose: “Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno (…). Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
Il grande discorso di Gesù sul pane della vita tenuto nella sinagoga di Cafarnao trova gli ascoltatori dapprima interdetti, poi interiormente smarriti e infine decisamente contrari a lui tanto da abbandonarsi alla mormorazione: si considerano delusi, disorientati, scandalizzati… La memoria torna a richiamare le innumerevoli incomprensioni e mormorazioni del popolo eletto (nutrito da Dio nel deserto con il dono della manna) contro Mosè lungo l’itinerario di ritorno dall’Egitto verso la Terra Promessa (Es 16,1-16).
In particolare essi si ribellano alla dichiarazione di Gesù: “Io sono il pane disceso dal cielo”. Per gli autori ispirati del Nuovo testamento, la locuzione dal cielo vuol dire da Dio. Ma la folla pretende inquadrare Gesù sulla base della logica della ragione e perciò rifiuta la sua origine celeste, soprattutto perché conosce tutto delle sue origini terrene: conosce bene il padre, la madre, i fratelli lo stile di vita: gente semplice, onesta, laboriosa, ma in tutto una famiglia come tante. Così la folla si fida della propria ragione e diffida di Gesù. Le motivazioni della folla di Cafarnao sono le stesse che spinsero i cittadini di Nazaret a rifiutare il loro paesano pur tanto dotato di sapienza e di potenza inspiegabili.
Alle prese con le mormorazioni della folla, Gesù non dà ragione della sua origine terrena e neppure attenua la portata dello “scandalo”, ma rivolge un pressante invito a lasciarsi attirare dal Padre. Questo particolare passaggio è così importante per Gesù che lo ripete due volte: “Nessuno viene a me se il Padre non lo attira”. Gesù vuol dire che l’uomo da solo non può nulla, però se si rende disponibile alla mozione della grazia, se si lascia ammaestrare da Dio allora tutto è possibile. Sant’Agostino ci offre un aiuto quando dice: “Accetta queste parole e cerca di capire. Non sei attratto dal Signore? Prega per esserlo”. Nel cammino dell’uomo verso il Signore non ci sono violenze, costrizioni, forzature…ma tutto è subordinato alla libera e docile risposta dell’uomo.
Gesù riporta il suo discorso sul pane e dichiara che egli è il pane della vita venuto dal cielo. Anzi afferma che è il pane vivo (il testo greco precisa che è il pane “vivente” /ò zòn): e vuol dire che egli non è soltanto canale di vita, ma è la sorgente, la fonte stessa della vita; e chi si ciba di questo pane vivrà in eterno. C’è un esito molto diverso dall’esperienza dei padri che mangiarono la manna e morirono. L’evangelista Giovanni ama richiamare sovente il riferimento alla vita: “la luce della vita” (Gv 2,18), “la parola della vita” (Gv 1,1), “l’acqua della vita” (Apc 21,6; 22,1).
Infine, la ripresa di Gesù si conclude con una espressione più esplicita e più intensa: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. É certamente un’allusione al sacramento eucaristico, ma è anche una rivelazione del profondo significato di tutta la vita del Cristo: La sua vita è stata tutta un‘esistenza in dono!
Nei Vangeli sinottici e nelle Lettere paoline invece di carne leggiamo il termine corpo. Nel Cenacolo, Gesù ha usato il termine aramaico basàr (carne). La tradizione giovannea ha preferito il termine carne forse a motivo dell’insorgere di polemiche contro gli eretici, come i doceti, i quali negavano la realtà umana del Cristo. Ed è anche probabile per un’allusione alla reale morte in croce di Gesù: vi è come una continuazione tra l’Incarnazione, la Morte in croce e l’Eucaristia; la carne e il sangue esprimono tutto il mistero di Gesù, la sua vita e la sua morte; qui viene espresso il compimento circolare del mistero di Cristo:
– Il Verbo si fece carne (Gv 1,14)
– La carne si fece pane (Gv 6,51)