Per riflettere prima della messa: Domenica 2 novembre 2025, Commemorazione di tutti i fedeli defunti

Gesù amico di Zaccheo Lc 19, 1-10

Domenica 2 novembre 2025, Commemorazione di tutti i fedeli defunti

Nota: La commemorazione dei defunti cade quest’anno di domenica e la specifica liturgia, che prevede tre possibili Messe, ciascuna con proprie letture, prevale su quella della XXXI domenica per annum dell’anno C. Le preziose riflessioni di padre Ubaldo Terrinoni OFM Capp sui Vangeli delle feste di precetto che la Chiesa fissa nel triennio liturgico (anni A, B e C) non comprendono quelli di questa commemorazione, che ordinariamente di precetto non è quando cade di giorno feriale. Tuttavia è da ritenere un servizio ai lettori tra offrire loro il commento di padre Ubaldo sul Vangelo di quella che appunto è solitamente nell’Anno la XXXI domenica del tempo ordinario. 

 

Cimitero San Lazzaro Viterbo Laura Ciulli

In quel tempo, Gesù, entrato in Gerico, attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per poterlo vedere salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là.

Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: “È andato ad alloggiare da un peccatore!”.

Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Gesù gli rispose: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”.

Luca precisa che “Zaccheo era capo dei pubblicani e ricco” (v.2). I pubblicani erano invisi per due motivi di fondo: perché raccoglievano le imposte per conto dell’occupante romano e, quindi, erano additati come venduti allo straniero; e poi perché erano esosi, senza scrupoli, facili all’imbroglio e alla estorsione legalizzata. Ma ora al detestato Zaccheo arride un’inattesa speranza: l’incontro personale con Gesù “che sta per passare di là!” (v. 1). Dal testo risulta che egli non ha il minimo presentimento di quanto sta per accadergli. Egli cerca soltanto di vedere Gesù (v. 3), sale sull’albero per vederlo (v. 4) ma poi è visto da Gesù (v. 5).

Gesù giunto al luogo di quell’albero, alza lo sguardo e si rivolge a Zaccheo con un ordine: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua” (v. 5). La visita di Gesù non è mai una sosta di breve durata. Al contrario, designa un “dimorare” prolungato, amichevole, sereno. Il Maestro si autoinvita ed è ospite proprio presso di lui. Nel contesto delle consuetudini orientali e bibliche, il fatto di essere accolti e il sedersi a mensa come ospite costituiva un eloquente segnale di pace, di amicizia, d’intesa piena e di condivisione incondizionata.

Noi non sapremo mai che cosa Gesù avrà rimestato nel cuore di quel peccatore, ma sappiamo di certo che egli si alza da mensa e fa una dichiarazione di conversione: “do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto” (v. 8). E Gesù conferma dicendo che “oggi la salvezza è entrata in questa casa!” (v. 9). E’ una dichiarazione che riveste carattere di solennità; va molto al di là di Zaccheo e dei presenti per rivolgersi a tutti: all’umanità, alla storia, alla Chiesa di tutti i tempi. La salvezza è largamente a disposizione di tutti, senza privilegiare e discriminare nessuno. La salvezza è Gesù stesso!

Sì, per il Signore che ama immensamente, nulla e nessuno è irrimediabilmente perduto. In realtà, chi ama non scriverà mai la parola basta ai suoi molti tentativi di recupero della persona amata. Cristo Gesù è l’amore di Dio fatto persona, perciò non disarma di fronte ai “colpi di testa”, alle scelte dissennate e suicide dell’uomo, non si arrende di fronte alla catena interminabile di misfatti e di infedeltà; non ritira il suo amore e la sua fiducia a chi tradisce e calpesta il suo progetto. Non si arresta quando è alle prese con la miseria umana più nera. Anzi, la miseria diventa per lui un forte richiamo per un intervento più urgente e per un amore preferenziale.

“Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (v.10). Il termine apololòs esprime una realtà “andata in rovina, distrutta, perduta per sempre”. E’ proprio qui il meraviglioso di Gesù: là dove finiscono le possibilità dell’uomo, comincia la sua potenza; quel che non sembra più possibile all’intervento dell’uomo, risulta possibile all’amore divino.

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