Per riflettere prima della Messa: 22 settembre 2024, XXVI domenica Tempo ordinario (Anno B)
MIRACOLI E SCANDALI Mc 9, 38-43.45. 47-48
In quel tempo, Giovanni rispose a Gesù dicendo: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri”: Ma Gesù disse: “Non glielo proibite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me. Chi non è contro di noi, è per noi. Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono è meglio per lui che gli si metta una màcina girata da asino al collo e venga gettato nel mare. (…).
Gesù aveva dato ai due figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, il nomignolo aramaico di boanèrghes, cioè “figli del tuono” (Lc 9,52-55). Ebbene questi si imbattono in un anonimo esorcista che scaccia i demoni nel nome di Gesù e glielo impediscono perentoriamente rivendicando una specie di esclusiva; per di più pensano di riferirlo anche al Maestro per averne la legittimazione e lode. Ed invece si evidenzia subito uno stridente contrasto tra la larghezza, la tolleranza e l’apertura di mente e di cuore di Gesù e la meschinità, la gelosia e la puntigliosa grettezza dei due fratelli. Questi vorrebbero imporre una specie di “patente”, una specie di professione di fede a coloro che ricorrono al nome di Gesù.
“Non glielo impedite”. Gesù deplora la loro iniziativa e riconosce che alcuni possono compiere anche prodigi e miracoli (poiein dynamin) nel suo nome. E aggiunge una sapiente dichiarazione: “Chi non è contro di noi è per noi”. Osservo, quasi come tra parentesi, che qui siamo alle prese con l’unico testo nel quale Gesù si mette insieme ai discepoli servendosi del “noi”. Egli non vuole fondare una setta o una comunità chiusa con dei limiti ben circoscritti, pensa invece alla comunità dei suoi discepoli aperti a frontiere e orizzonti senza confini. Gesù dunque educa a uno spirito ecumenico, a una tolleranza che rispetta la libertà dell’altro.
“Forse Giovanni, più che rivolgersi a Gesù, avrebbe fatto meglio a farsi insegnare dall’esorcista estraneo il segreto…Il vero discepolo ha tutto da imparare da tutti. Secondo la lezione di Gesù, il discepolo non deve essere uno che fiuta, scova nemici dappertutto, come un segugio. Dovrebbe essere invece uno in grado di scoprire connivenze segrete, intuire preziose complicità insospettate. Capace di comprendere che qualcuno parla di Gesù anche se non ce l’ha sulla bocca, ma si accontenta di averlo nelle azioni” (G. Pronzato).
Così si passa dai miracoli nel nome di Gesù agli scandali che si consumano anche nella comunità. Il termine scandalon letteralmente vuol dire “inciampo, ostacolo, trappola, trabocchetto” collocato lungo la strada per far cadere e rovinare una persona. Nell’ottica spirituale, lo scandalo è un grave pericolo per la salvezza finale di un individuo, è una tentazione finalizzata a sviare dalla fede, dal retto cammino e fare naufragio nella vita. Il deciso rifiuto a connivenze col male viene espresso da Marco plasticamente con tre detti sulla mutilazione della mano, del piede e dell’occhio.
Per chi semina dubbi e svia le coscienze si commina un’atroce morte come terribile è il delitto commesso: sprofondare nel mare trascinato da una pesante macina che nei mulini palestinesi veniva fatta girare da un asino. La letteratura rabbinica insegnava che scandalizzare qualcuno è come ucciderlo nel fisico e nello spirito. L’apostolo Paolo ci esorta ad aiutare i deboli nella fede e non scandalizzarli: “Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli… mi sono fatto tutto a tutti per salvarne ad ogni costo alcuni” (1Cor 9,22).
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