Per riflettere prima della Messa: 20 ottobre 2024, XXIX domenica Tempo ordinario (Anno B)
ARRIVISMO TRA I DODICI Mc 10, 35-45
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: “Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo”. Egli disse loro: “Cosa volete che io faccia per voi?”. Gli risposero: “Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. Gesù disse loro: “Vo non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?”. Gli risposero: “Lo possiamo”. E Gesù disse: “Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato”. (…).
I sinottici presentano Gesù che si produce in tre annunci della sua Passione, ma i Dodici si collocano su altri binari. Nel primo annuncio è Pietro a dar prova di incomprensione. Con una buona dose di presunzione interviene e rimprovera con fermezza il Maestro (8,31-33). Nel secondo annuncio è il piccolo drappello dei Dodici a perdersi nella meschina rivalità su chi tra loro sia “il più grande” (9,30-312).
Nel terzo annuncio, da una parte è Gesù che va avanti a tutti con la decisa volontà di andare fino in fondo alla sua missione, fino alla morte, per realizzare appieno il progetto del Padre (10,32-34). Dall’altra sono di scena i due figli di Zebedeo che si presentano dal Maestro con la pretesa di ottenere ciò che chiedono: “Noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo”. Egli disse loro: “Cosa volete che io faccia per voi?”. Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”.
Gesù risponde proponendo a loro la riflessione su due immagini: il calice da bere e l’anti-modello del Regno. Bere il calice richiamava, nella letteratura biblica, il giudizio di Dio per l’infedeltà del suo popolo, la punizione dei peccatori e, soprattutto, l’amara e dura esperienza della sofferenza. Gesù tornerà su questa immagine nella straziante agonia del Getsemani, in riferimento all’imminente Passione: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu” (Mt 26,39).
Egli inoltre, desiderando di essere chiaro e incisivo con i due fratelli e con gli altri, ricorre all’immagine dell’anti-modello del Regno: “Voi sapete che i capi delle nazioni dominano su di esse…”. I “grandi” della terra sono facili a volgere a profitto personale scelte e decisioni. E purtroppo la finalità del “servizio al popolo” scompare dalla loro agenda. È appunto per questo che Gesù coglie l’occasione per mettere in evidenza l’aspetto prevaricatore del potere. Ministri e alti funzionari dello Stato, calpestando ogni remora morale, erano (al tempo di Gesù) e sono oggi intenti a inseguire lauti guadagni.
Gesù propone ai suoi lo Statuto fondamentale del Regno: “Chi vuole essere grande tra voi si farà vostro servitore; e chi vuole essere il primo tra voi si farà servo di tutti” (vv. 43-44). Sono quattro termini disposti l’uno di fronte all’altro:
Il grande – il servo(diàkonos)
Il primo – lo schiavo (doùlos)
Nel protocollo socioculturale greco il diàkonos era il segretario del padrone dell’azienda, approntava il programma della giornata lavorativa per gli operai; metteva a disposizione del titolare il suo tempo e le sue energie. Il doùlos era invece lo schiavo nel senso letterale del termine; non apparteneva a se stesso ma al padrone che lo aveva comprato al mercato; viveva l’esperienza del “dipendere” lungo l’intera esistenza. Servire dunque! È l’immagine capovolta del potere, che c’è e resta, soltanto che è sostenuto e animato dalla realtà del servizio. L’autorità è credibile quando si curva con semplicità per servire.