Per riflettere prima della Messa: 13 ottobre 2024, XXVII domenica Tempo ordinario (Anno B) 

“FISSATOLO, LO AMÒ…” Mc 10, 17-30

 In quel tempo, mentre Gesù usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre”.

Egli allora gli disse: “Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”. Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: “Una sola cosa ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”. Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni. (…).

Il titolo si riferisce all’incontro del giovane ricco con Gesù. Solo Marco riferisce il particolare dello sguardo e dell’amore di Gesù, come, del resto, è soltanto il secondo evangelista che, più di qualche volta, registra anche i suoi i tratti emozionali. Nella prima parte dell’incontro (vv. 17-20), Gesù risponde al giovane ricordandogli la via giudaica per meritare la vita eterna; cita gli articoli della legge che legano l’uomo agli altri uomini: propone le esigenze fondamentali: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non attestare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”.

Mentre Gesù propone tali esigenze del vivere quotidiano, il giovane va facendo un rapido esame di coscienza, ed è in grado di rispondere, senza ostentazione e falsa umiltà, di essere stato fedele a queste divine disposizioni fin dall’infanzia. Gesù approva il suo passato senza macchia e, per questo, accarezza un progetto di comunione con lui. Passa alla seconda parte ( vv. 21-22) e gli propone la via evangelica. Tuttavia, prima di arrivare alla proposta, lo investe con il suo amore: Fissatolo, lo amò!

Il verbo fissatolo (emblèpo) sottolinea non soltanto l’insistenza dello sguardo di Gesù sul giovane, ma anche l’intensità; è uno sguardo particolarmente penetrante che quasi vuol toccare l’interlocutore nel suo intimo più profondo. L’altro verbo lo amò (egàpesen) è espresso all’aoristo e vuol riferirsi a un amore che si manifesta tanto affettuosamente proprio in questo momento, è un amore nuovo che è sbocciato adesso ed è esclusivamente per lui.

Deve essere stata impressionante questa scena se Pietro, che fu testimone oculare, la ricorda a distanza di una trentina di anni e la consegna al secondo evangelista con tutto il pathos della predilezione. “Questo è l’amore del Redentore – commenta san Giovanni Paolo II, nell’Esortazione apostolica Redemptionis donum – ; un amore che scaturisce da tutta la profondità divino-umana della Redenzione (…). Un amore d’elezione, che abbraccia la persona intera, anima e corpo” (RD, n.3).

Il discorso circa gli articoli della legge è chiuso, al giovane non manca nulla per meritare la vita eterna. E il discorso poteva chiudersi qui, se il giovane non avesse lasciato intendere che desiderava qualcosa di più. Gesù, nel proporre il nuovo progetto, si riferisce proprio a qualcosa di più e che è personalmente per lui, per il caso individuale; è qualcosa di unico costituito da quattro verbi: Va’, vendi, vieni, seguimi.

“Rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto”. Il giovane non si aspettava una proposta del genere; si è trovato improvvisamente conteso tra il Bene e i beni, tra il molto della terra e il tutto di Dio, tra gl’idoli terreni e la sequela del Signore. Si fa triste, abbassa gli occhi e si allontana sotto il peso dei beni della terra. Non c’è tristezza più amara della privazione della gioia interiore. Tanto simpatica era stata la corsa iniziale nell’incontro con Gesù, e tanto amaro e deludente è l’epilogo: tristezza e abbandono!

“Forse il giovane pensava che la vita eterna fosse un diritto per qualche opera buona, che potesse coesistere con “i molti beni” in suo possesso. In realtà Gesù gli propone la sequela, che richiede di mettere al primo posto lui. La fede non convive con le idolatrie. L’incontro ribadisce quanto già affermato da Gesù: “Nessuno può servire a due padroni” (Lc 16,13); nessuno può illudersi di stare all’ombra di due assoluti. E l’incontro del giovane si risolve nella tristezza dell’abbandono. Lo slancio iniziale abortisce in un cuore mesto, rimasto intrappolato nelle maglie di una ricchezza effimera. Una chiamata senza risposta: sull’amore di Gesù è prevalso l’amore per un pugno di soldi. Una vita fallita. Sconcertante” (E. Masseroni).

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