“Tutti possiamo fare tanto. È la famosa goccia che riempie l’oceano. E noi vogliamo esserci e non fare mancare la nostra“, scriveva il vescovo molfettese don Tonino Bello, venerabile.
Ed è così, soprattutto per i bambini che sono, senza ombra di dubbio, dei grandi messaggeri di pace, specialmente in tempi, come questi che stiamo vivendo, così difficili e cruenti, nei quali vogliono esserci e farsi sentire. Non mancano mai di darci sempre una innocente ed inconsapevole lezione di vita. Basta vederli insieme, nella loro naturalezza e semplicità, senza artefici e falsità e ci si rende conto che non è poi così complicato ed impossibile dare una svolta positiva all’umanità.
Perché, il Mondo, ora più che mai, anela ed ha bisogno di pace, quella vera, non a parole con discorsi ben imbastiti da ‘sepolcri imbiancati’.
Non ci vuole poi tanto per rendersi conto che stiamo lasciando un futuro al nostro stesso futuro, duro e doloroso. Eppure i bambini lo hanno capito, chiedono la pace a gran voce.
Lo hanno fatto anche nei giorni scorsi, precisamente lunedì 6 novembre, rispondendo all’invito di Papa Francesco nell’Aula Paolo VI, in occasione della manifestazione “I bambini incontrano il Papa. Impariamo dai bambini e dalle bambine“.
Un incontro patrocinato dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione, organizzato in sinergia con la Comunità di Sant’Egidio, con il presidente Marco Impagliazzo, la Cooperativa Auxilium con il fondatore Angelo Chiorazzo, la Fondazione Perugia-Assisi e Trenitalia.
Erano oltre 7000, provenienti da ottantaquattro Paesi ed hanno fatto sentire il loro grido di pace tra canti, suoni, braccia alzate e soprattutto domande al loro amato Papa.
Con la loro spontaneità 14 di loro seduti intorno al Pontefice, come se fosse il loro nonno, lo hanno intervistato pur nella loro semplicità, toccando temi personali della vita del Papa come le sue amicizie, i suoi sogni, i momenti di rabbia, la quotidianità delle giornate.
I piccoli messaggeri di pace, ancora una volta, ci hanno invitato a riflettere su come costruirla partendo proprio da noi stessi, passando per le nostre famiglie e comunità, per poi raggiungere il mondo intero. La pace è nella storia da sempre, ma non è della storia, è nel mondo ma non è del mondo ed i bambini ce lo dimostrano nei loro gesti quotidiani, con la loro idea di ‘cultura della vita’.
Papa Pio XII, in momenti particolarmente difficili della storia aveva detto che: “Nulla è perduto con la pace. Tutto può essere perduto con la guerra“. Parole attuali, parole che ancora oggi pesano ed i bambini ce lo stanno dicendo da tempo, troppo tempo.
Piccoli, eppure così saggi, tanto che la pedagogista Maria Montessori definiva il bambino “un essere completo“, in grado di sviluppare quell’energia creativa che viene chiamata amore, insomma una sorta di forza purificatrice della vita e della storia.
Il prossimo 20 novembre si celebra la Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza e sono passati oltre 31 anni dall’adozione di quella convenzione che, per la prima volta, ha riconosciuto i bambini proprio come aventi diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici. È la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nel 1989 che in Italia è stata ratificata il 27 maggio 1991. È questa un’importante occasione per riflettere, nella quale siamo chiamati ad assicurare il diritto a vivere un’infanzia felice ad ogni bambino, affinché i loro sogni di amore e di pace divengano realtà, perché come scriveva Paulo Coelho: “Se non rinasceremo, se non torneremo a guardare la vita con l’innocenza e l’entusiasmo dell’infanzia, non ci sarà più significato nel vivere”.
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