Giovanni Francesco Romanelli, il pittore viterbese del Seicento

Siamo nel XVII secolo  l’Italia sta vivendo un periodo di profonda crisi economica, con una grave  perdita di indipendenza politica.  Ciononostante il Belpaese rimane, per tutta l’epoca, un importante centro di cultura.

Ed è proprio in questo periodo che, a Viterbo, nasce nel 1610, Giovanni Francesco Romanelli, detto anche  il Viterbese o il Raffaellino. 

Si forma a Roma, probabilmente con  il Domenichino e successivamente  con Pietro da Cortona, con il quale collabora nella  realizzazione  degli affreschi della Cappella di Palazzo Barberini. Importanti commissioni, una fra tutte gli affreschi nella Sala della contessa Matilda in Vaticano,  lo fanno conoscere ed apprezzare notevolmente.

Diventa Principe dell’Accademia di  San Luca, è protetto da Gian  Lorenzo Bernini e dal cardinal  Barberini. Successivamente viene invitato a Parigi nel 1646 per gli affreschi della Galleria di palazzo  Mazzarino, di parte della Bibliothèque Nationale e nel 1654, per i dipinti nell’appartamento di Anna d’Austria nel palazzo del Louvre. La pittura francese risente molto della sua influenza. Si sposa il 10 aprile 1640 a Viterbo, con Beatrice Tignosi, dalla cui unione nascono quattro figlie femmine e sei figli maschi.

Negli ultimi anni della sua vita lavora a Viterbo, specialmente nel Duomo di San Lorenzo Martire.

C’è una sua opera a Viterbo, molto apprezzata, una “chicca”, come si suol dire,  ed è Il battesimo di Gesù.

È custodita nella chiesa di san Giovanni Battista,  conosciuta anche come chiesa de Il Gonfalone, in via Cardinal La Fontaine, nei pressi del quartiere di San Pellegrino.

Una tela imponente, avvolgente e pregevole, a guardarla si resta senza parole, immersi dal fascino avvolgente che trasmette.

Dipinta nel 1649, nei giorni scorsi, è tornata al suo splendore grazie alla Curia Vescovile di Viterbo, per l’interessamento del già sindaco di Viterbo  Giulio Marini. L’onorevole, infatti, è stato sempre presente nelle varie vicissitudini legate a questa Chiesa ed alla Confraternita della Madonna del Carmelo.

Un culto che ha avuto inizio con don Alceste Grandori e recuperato da Monsignor Francesco Zarletti negli anni 90, con amore ed abnegazione.

L’opera del Romanelli è stata oggetto di un restauro conservativo di alcune delle sue parti. Si è trattato di un prezioso lavoro curato da Anna Tozzi e Maria Rosa Cecchini,   del laboratorio di restauro di Viterbo.
Per montarla è intervenuto lo Studio di Restauro Cesetti Vittorio, di Tuscania.

Ora,  nella pregevole Chiesa,  fiore all’occhiello del capoluogo della Tuscia, il prezioso quadro è custodito dagli Araldi dell’ Arciconfraternita Madonna del Carmelo, guidati dal Priore Franco Chiaravalli. 

Foto a cura di Mariella Zadro

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