In questi giorni così difficili e dolorosi la morsa del Coronavirus è sempre più stretta. Il terribile virus non lascia scampo: si muore. Si muore soli, perché in terapia intensiva in ospedale, perché i parenti sono in quarantena. Soli, senza un funerale, con una benedizione approssimativa. Tutto è lasciato alla pietà delle pompe funebri.
Questa è la Covid-19 che impegna giorno per giorno sanitari, paramedici, volontari, poliziotti, carabinieri, finanzieri, polizia locale in una lotta contro il tempo, con rischi altissimi.
Eppure, tra i tanti volontari, c’è un missionario frate cappuccino, che svolge il suo Ministero nella cappella della Chiesa dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo. È Fra Aquilino Apassiti, 84 anni. Anche lui in prima linea per portare conforto, aiuto sia ai sanitari, sia ai pazienti, sia ai parenti dei ricoverati. Tutto, ovviamente, nel pieno rispetto delle norme del Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sulla sicurezza per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Ne ha parlato Tv2000 in un servizio.
Fra Aquilino, reduce dall’esperienza nelle missioni in Brasile, all’ospedale di Bergamo mette il cellulare sulle salme e prega insieme ai parenti, come è successo con una moglie che con lui ha recitato un Padre Nostro.
Frei Aquilino ha fatto sue le parole di Papa Francesco in una diretta streaming da Casa Santa Marta: “Preghiamo il Signore anche per i nostri sacerdoti, perché abbiano il coraggio di uscire e andare dagli ammalati, portando la forza della Parola di Dio e l’Eucarestia e accompagnare gli operatori sanitari, i volontari, in questo lavoro che stanno facendo“.
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