Bufale, attenzione a quello che leggete e non improvvisatevi giornalisti

Le informazioni ormai non hanno più confini. L’utilizzo dei social, in modo particolare Facebook, ha portato ad un boom delle notizie.

Fino a qui, tutto normale, o quasi. Il problema è quando si tratta di notizie non vere. Allora sì che è un problema. Basti pensare a quel famoso messaggio con l’appello della raccolta del sangue Rh negativo per una bambina,  invitando a contattare una certa Elisa Montagnoli.
Non ci crederete, ancora oggi gira questo messaggio, ancora oggi condividono, ancora oggi ci cadono in molti. Basta che lo manda una persona di nostra conoscenza, ed immediatamente il messaggio è condiviso da tanti altri. Virale.
 Praticamente, volenti o nolenti, si diventa, inconsapevolmente strumenti di scherzi,  di truffe a volte di pessimo gusto.

Ma allora, come si può fare per capirci qualcosa, in  questa miriade di notizie false?
Noi giornalisti, per individuare la veridicità  della fonte, abbiamo sempre cercato di  effettuare le opportune verifiche del caso, per poi pubblicare.

C’è un piccolo sito che si occupa di scoprire le bufale che si trovano in giro per il web. È www.butac.it. Vaccini, tumori sono alcuni degli argomenti che tratta. Riporta i nomi dei siti diciamo giornalistici,  o meglio pseudo giornalistici, quelli  che praticamente campano sulla pubblicità relativa ai click che acquisiscono in seguito alla pubblicazione di notizie false. Tutto  questo deve farci riflettere.

Chiunque, quindi, può produrre contenuti in tempo reale, in base alla loro considerazione sui social,  tanto che la  notizia può diventare affidabile, proprio quanto quella di un vero giornalista. Praticamente la credibilità viene sancita in un modo obsoleto e superficiale.

Il dipartimento di Scienze della comunicazione dell’Università di Urbino,  tempo fa ha analizzato il fenomeno delle fake news, proprio in rapporto all’abitudine degli italiani di informarsi in rete e sui media tradizionali.  Ne è emerso che gli stessi intervistati hanno dichiarato di riporre maggiore fiducia nella capacità di informazione della rete, il 62%, mentre il 49% nei quotidiani TV e radio, ossia i media tradizionali.
Praticamente  se si pensa alle bufale, si può facilmente dedurre che corrono più velocemente delle notizie vere.

Questa è un’epoca come questa che  dove spesso i social media, con il loro passaparola,  la fanno da padroni.

Per concludere? Più lettori e persone credibili:  insomma,  un algoritmo della credibilità.
Lasciate fare ai giornalisti veri, ai professionisti ed ai pubblicisti.

Vi lascio con le parole di un vero giornalista: Sergio Lepri: “Nel campo della professione giornalistica una domanda viene ripetuta da sempre: giornalisti si nasce o si diventa? La risposta vera è: giornalisti si diventa. Certo, nessuno diventerà giornalista o, per lo meno, buon giornalista, se gli manca curiosità di conoscere e capacità di analisi critica, ma il resto, la parte più importante della professionalità giornalistica, è nel patrimonio di cultura, di tecniche e di sensibilità che nasce dall’apprendimento, dallo studio, dalle letture e che si arricchisce con l’esercizio, con la pratica quotidiana, con l’accumulo accorto delle esperienze di lavoro.   Il computer, il passaggio dall’analogico al digitale, Internet stanno trasformando la professione giornalistica. Grazie ai pc portatili sempre più piccoli e leggeri, grazie ai telefoni e ai videotelefoni cellulari e satellitari che assumono sempre più le prestazioni del personal computer, grazie alle macchine fotografiche e alle cineprese digitali che sempre più facilmente e rapidamente permettono ripresa, stampa e trasmissione delle immagini, grazie a tutto questo i modi di produzione dell’informazione, cioè la raccolta, la gestione e la distribuzione delle informazioni sono già cambiati, stanno cambiando e cambieranno ancora di più; ma c’è qualcosa che non cambia: l’istituzionale fondamento del giornalismo cioè il giornalismo come mediazione tra la fonte e il destinatario dell’informazione.

     Al di fuori dei miti, questo è il vero fascino della professione giornalistica: di contribuire alla crescita civile della società; e, nella misura in cui il giornalista riesca a limitare o a controllare i condizionamenti del sistema e ad esprimersi come operatore capace e onesto, questo è il suo grande potere: un potere inteso come servizio, reso all’unico legittimo detentore di esso, il cittadino.

Foto tratta dal web

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