“Tutte le donne del mondo”, il saggio di Leonardo Dianda

Il saggio Tutte le donne del mondo di Leonardo Dianda, autore lucchese e Avvocato di professione, da sempre attento allo studio e alla comprensione dei Diritti Umani, “ci racconta, con ammirazione e acume, di donne eccezionali e straordinarie divenute exempla per tutti”, come spiega nella prefazione la scrittrice Emma Fenu.

Leonardo Dianda
Leonardo Dianda

 

Leonardo, il 25 Novembre di ogni anno si celebra la Giornata mondiale della violenza contro le donne. Te lo chiedo prima di tutto da Avvocato: pensi che negli ultimi anni gli episodi in tal senso siano effettivamente aumentati o così sembra perché se ne parla di più?

 

La Giornata mondiale della violenza contro le donne è una data importantissima. Probabilmente ci sono sempre stati anche in epoche passate, oggi sicuramente c’è una maggiore attenzione verso questi temi anche e soprattutto da parte del legislatore e di molte associazioni di volontariato. La maggiore attenzione è sicuramente un bene a patto che non si cada in una strumentalizzazione delle tematiche e nel mero populismo.

 

Cosa vuole dire ricercare la parità di genere alle soglie del 2023?

 

Il problema più grosso resta quello culturale ed educativo soprattutto nelle scuole e nelle nuove generazioni. Ma oggi Parità di genere a mio avviso vuol dire anche applicare le numerose convenzioni internazionali che sono state sancite a partire dalla metà del secolo scorso. Si pensi alla DUDU o alla convenzione del ’79 o a quella di Pechino del ’95 ricche di principi e diritti fondamentali. Il problema è che spesso tali dichiarazioni trovano una difficile applicazione pratica nella società.

 

Che valore dai a un’altra data quale l’8 marzo?

 

L’8 marzo si celebra la “Giornata Internazionale dei Diritti della Donna”, ricorrenza ufficialmente istituita dall’ONU il 16 dicembre del 1977. Nell’immaginario comune questa data viene riconosciuta come la “Festa delle Donne”, un’abbreviazione che rischia di nasconderne il vero significato. Questa ricorrenza, infatti, racchiude un concetto ben più ampio: ricordare le dure battaglie affrontate dalle donne per la conquista dei diritti sociali, economici e politici. La “festa della donna” fu celebrata in America già a partire dal 1909, mentre in Europa la tradizione si diffuse negli anni Venti.

 

Quali casi di donne porti alla ribalta nel tuo libro per parlare della tutela delle vittime di violenza domestica e di genere?

 

A livello legislativo, in Italia il processo di parificazione dei diritti tra l’uomo e la donna sfociò, nel 1981, con l’abolizione dal codice penale di due norme ormai divenute vetuste: il Delitto d’Onore e il Matrimonio Riparatore, due strumenti che consentivano agli autori di crimini contro le donne di avvalersi di specifiche attenuanti. Non si può non menzionare sul punto Franca Viola, una giovane ragazza siciliana di soli 17 anni diventata uno dei simboli dell’emancipazione delle donne, infatti fu la prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore. La sua storia è come quella di molte altre vittime dell’epoca. Franca Viola fu rapita e violentata da un mafioso locale nel 1965, ad Alcamo, ma dopo il suo rilascio si rifiutò di sposare il suo aguzzino. La sua ribellione alla violenza subita e a un destino triste e ingiusto la rese diversa. Per la prima volta, nel nostro paese, fu messa in discussione la falsa idea di tutela dell’onore e della famiglia.

 

E poi ci parli delle sorelle Mirabal…

 

Il 25 novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. È stata l’assemblea dell’Onu, nel 1999, a scegliere questa data, in ricordo del sacrificio delle sorelle Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, uccise dagli agenti del dittatore Rafael Leonidas Trujillo in Repubblica Dominicana nel 1960. Il 25 novembre di quell’anno le tre sorelle, dopo essere state fermate per strada mentre si recavano in carcere a far visita ai mariti, furono picchiate a bastonate e gettate in un burrone dai loro carnefici, che cercarono di far passare quella brutale violenza come un banale incidente. All’opinione pubblica fu subito chiaro che le tre donne erano state assassinate. Le tre sorelle sono infine passate alla storia con il nome di Las Mariposas (le farfalle), per il coraggio dimostrato nell’opporsi alla dittatura, lottando in prima persona per i diritti delle donne.

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Assisti frequentemente a casi di vittimizzazione secondaria?

 

Accanto alla vittimizzazione primaria esistono ulteriori conseguenze come le vittimizzazioni secondarie, ovvero quelle situazioni in cui le donne diventano vittima una seconda volta: nei tribunali, nei media, nel contesto sociale, nel giudizio delle scelte di vita e lavorative. È sicuramente presente nella società, anche se ritengo che nel corso degli ultimi anni siano stati fatti enormi passi avanti.

 

Infine, la violenza la si esercita e la si perpetra non solo a livello fisico e verbale ma pure ledendo i diritti umani. Vorrei un tuo commento conclusivo ampliando il raggio di riflessione anche al fenomeno delle spose bambine e a altri, aberranti, usi e costumi che esamini nelle tue pagine.

 

La misoginia dal greco misos, “odio” e gyne, “donna” è un atteggiamento ancora molto diffuso specialmente in alcuni contesti sociali. Da questo atteggiamento si sviluppa tutta una serie di fenomeni contro la figura femminile.

Il fenomeno delle spose bambine, ad esempio, è una piaga che affligge milioni di ragazzine in tutto il mondo. Secondo le più recenti statistiche si calcola che, nel mondo, ogni anno, 12 milioni di donne siano costrette a contrarre le nozze. In generale, si parla di matrimoni precoci quando avvengono in un’età inadeguata al regolare sviluppo psicofisico della persona. Si pensi che tuttora, in alcuni paesi, le bambine sono promesse in sposa fin dalla nascita. Il fenomeno è naturalmente più diffuso in realtà povere, dove l’accesso all’istruzione e alla sanità sono quasi inesistenti. A livello individuale, le bambine subiscono gravi violazioni al diritto alla salute, fisica e mentale, e conseguenze permanenti sul loro livello di istruzione e sulle prospettive di vita, che si ripercuotono successivamente sui loro figli.

Altre pratiche sono ad esempio la lapidazione, diffusa fin dall’antichità, nella quale il condannato viene barbaramente ucciso attraverso il lancio di pietre. La lapidazione è stata usata fin dai tempi antichi per punire prostitute, adultere, assassini e, in alcuni paesi arabi, apostati e omosessuali. Gli stessi accusatori del condannato partecipano di consueto e attivamente al lancio delle pietre. Quello della lapidazione è un tema piuttosto delicato, che vede come protagoniste le donne e l’ennesima espressione di violenza contro il genere femminile.

Infine anche le mutilazioni genitali femminili (MGF) sono un fenomeno vasto e complesso, che include pratiche tradizionali come l’incisione e l’asportazione, parziale o totale, dei genitali femminili esterni. Bambine, ragazze e donne che subiscono tali barbarie devono fare i conti con danni gravi e irreversibili per la loro salute, oltre a dover sopportare pesanti conseguenze psicologiche. Si stima che, in tutto il mondo, il numero di donne che convivono con una mutilazione genitale sia di circa 125 milioni.

Leonardo Dianda
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