Tre impegni quaresimali

Una riflessione sullo stile cristiano nel tempo forte della Quaresima di padre Ubaldo Terrinoni OFM Capp

TRE IMPEGNI QUARESIMALI 

Mt 6, 1-6. 16-18

Dalla liturgia de Le ceneri dell’anno C

 

Quando dunque fai l’elemosina non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico hanno già ricevuto la loro ricompensa… Quando pregate non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini… E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano…”

La Chiesa molto saggiamente, come sempre, prende in seria considerazione le tre classiche pratiche religiose e ascetiche della cultura giudaica: l’elemosina, la preghiera e il digiuno e le consegna al cristiano del nostro tempo perché le viva col nuovo grande spirito evangelico. Al tempo di Gesù, queste pratiche erano il contrassegno dell’autentico uomo pio e religioso.

L’elemosina era devotamente praticata non solo perché costituiva un aiuto concreto per il bisognoso, ma anche perché secondo una ben radicata convinzione riteneva che attraverso l’aiuto a un bisognoso venivano rimessi i peccati. L’autore del Deuteronomio assicura che “vi saranno sempre dei bisognosi nel paese, è per questo che io ti do questo precetto: aprirai la tua mano al tuo fratello, al povero e all’indigente” (Dt 15,11). Però siccome i farisei la praticavano con grande pubblicità, allora Gesù esorta a evitare ogni ostentazione. Il cristiano deve compiere l’aiuto concreto al bisognoso evitando ogni formalismo e ogni segno di ipocrisia. E suggerisce testualmente “non sappia la tua sinistra quel che fa la tua destra”.

La preghiera “è il respiro dell’anima” insegnano i santi Padri; “è il pellegrinaggio del cuore verso il santuario dell’amore” ripeteva san Charles de Foucauld; “è l’elevazione della mente e del cuore a Dio” insegnava san Bonaventura. Anche la letteratura profetica e sapienziale ne faceva una particolare raccomandazione; ed è per questo che le celebrazioni dei sacrifici al tempio venivano accompagnati da lunghe preghiere pubbliche. Inoltre, nell’ora del colloquio con Dio si faceva preghiera anche per le strade e ovviamente era una facile occasione per cedere alla tentazione della ostentazione.

Gesù raccomanda che la preghiera risulti un incontro reale con Dio, un colloquio intimo e misterioso con l’Alto e che il cristiano si rivolga al Padre con un atteggiamento di semplicità e sincerità e in tutta segretezza, evitando ogni ostentazione. Ancora altre volte Gesù tornerà volentieri su questo momento singolare e necessario della vita dell’uomo perché “il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo – insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica -; l’uomo è stato creato da Dio per Dio” (CCC, 27).

Anche il digiuno aveva una grande considerazione nella vita religiosa giudaica in quanto risultava la chiara manifestazione della vera conversione di una persona. Il giorno del digiuno per eccellenza era quello del Kippur o della grande espiazione: tutto il popolo implorava il perdono. Ma dopo l’esilio babilonese vennero aggiunte anche altre circostanze come, per esempio, l’anniversario della distruzione del tempio, le calamità pubbliche ecc. Le persone impegnate spiritualmente digiunavano due volte la settimana: il lunedì e il giovedì.

Gesù precisa che anche il digiuno del cristiano deve essere compiuto nel nascondimento come, del resto, rimane nascosta la conversione che è realmente un rapporto personale fra Dio e il peccatore.

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