Per riflettere prima della Messa: 11 maggio 2025, IV domenica di Pasqua – Anno C
Pecore che ascoltano...! Gv 10, 27-30
In quel tempo, Gesù disse: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo una sola cosa”.
L’incontro di Gesù con i giudei avviene in occasione della festa della Dedicazione o festa delle luci, istituita da Giuda Maccabeo per riconsacrare il tempio che era stato profanato dall’empio re Antioco IV Epifane nel 164 a.C. La festa cadeva verso la metà di dicembre. E Gesù per ripararsi dal freddo e dal vento gelido passeggia sotto il portico di Salomone. Il cerchio di fuoco si stringe attorno a lui perché i giudei vogliono provocarlo per avere una chiara risposta alla loro domanda: “Tu chi sei?” – Gesù risponde che dovrebbero considerare le sue opere; e aggiunge che loro non sono del suo gregge, perché “le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco e mi seguono” (10,3-5).
Ascoltano! L’ascolto biblico non è mai audizione passiva, ma è intenzionale accoglienza e disponibilità totale a Colui che parla. “Si tratta di un ascolto non solo delle orecchie- come precisa il Santo Padre Francesco – ma un ascolto del cuore! Dunque, l’immagine del pastore e delle pecore indica lo stretto rapporto che Gesù vuole stabilire con ciascuno di noi. Egli è la nostra guida, il nostro maestro, il nostro amico, il nostro modello, il nostro Salvatore” (Regina coeli, 17 aprile 2016). L’ascolto è l’incipit di un dialogo che chiede un abbandono pieno alla persona di Gesù, alla sua autorità, al suo messaggio e anche al suo mistero.
Mi seguono! Le pecore che fanno parte del gregge di Cristo non solo lo ascoltano, ma si impegnano a seguirlo fedelmente. La sequela comporta aderire pienamente a lui, vivere con lui e come lui, essere associati strettamente alla sua vita, al suo destino, alla sua missione. Ciò che è essenziale è il legame con la persona di Gesù, senza separarsene mai. Dunque stretta e intensa comunione con Lui e viva partecipazione alla sua missione. Ora probabilmente si comprende il perché dell’abbandono, del distacco da ogni cosa per essere libero e disponibile per Lui. Occorre sciogliersi da qualunque realtà terrena per risultare legati unicamente a Lui.
Conosco! È noto che nel linguaggio biblico il “conoscere” non è un impegno circoscritto alla sola sfera intellettuale, ma coinvolge l’intima comunione di vita e di pensieri, comporta una profonda esperienza, un reciproco rapporto di amore. È appunto per questo che i giudei non fanno parte del suo gregge, non intendono affatto seguirlo, anzi lo criticano, lo giudicano, lo condannano. “Gli sono materialmente intorno, ma abissalmente lontani, impenetrabili ed estranei, riluttanti e incapaci di godere dei benefici che il Buon Pastore assicura ai suoi” (Sl. Garofalo).
Dó loro la vita! Gesù è la Vita e dunque dona la vita, “perché essi abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Con la garanzia del dono della vita, le pecore sono al riparo da ogni rischio e pericolo; il Padre le ha donate a Gesù e queste sono diventate “le mie” “e nessuno le rapirà dalla mia mano”; la mano nella cultura biblica indica la forza, la potenza. Dunque, la mano di Gesù garantisce sicurezza e protezione alle pecore e anche pascoli ubertosi.