Papa Francesco, il gesuita venuto dalla ‘fine del mondo’ ultimo tra gli ultimi
Il testamento di Papa Francesco
Con Lui il dire ed il fare andavano all’unisono, non si è mai risparmiato e fino all’ultimo si è speso per la Pace, la Pace nel mondo. Papa Francesco, il Papa senza giudizio, ‘l’unico statista sul palcoscenico internazionale che ha proclamato il sacrosanto valore della pace, pregando per le vittime sacrificali ma anche per la conversione dei carnefici“, come ha affermato padre Giulio Albanese il missionario comboniano direttore delle Comunicazioni sociali e dell’Ufficio della cooperazione missionaria tra le Chiese del vicariato di Roma, in un’intervista all’agenzia Dire.

Fino all’ultimo istante della sua vita è stato il Papa dell’umanità, dando voce a chi non ha voce, sempre dalla parte dei più deboli e fragili. Sacrificio, questo è stato il suo agire, prendendo la Croce, giorno per giorno.
Dodici anni di pontificato che lo vedono primo Papa ad abitare fuori dal Palazzo Apostolico, primo fra tutti i suoi predecessori che ha abolito il segreto pontificio per i casi di abusi sessuali e a depennare la pena di morte dal Catechismo, ma anche l’unico Papa ad assegnare ruoli di responsabilità a donne e laici in Curia. Inizia il suo pontificato in carcere e lo termina in carcere qualche giorno prima di morire. I carcerati sempre nel suo cuore perché avevano diritto anche loro alla speranza, tanto da lasciare i suoi ultimi risparmi di 200 mila euro ai detenuti. Persino il suo funerale sarà a carico di un anonimo benefattore, perché José Maria Bergoglio lo scrive nero su bianco sul suo testamento del 29 giugno 2022: “Le spese per la preparazione della mia sepoltura saranno coperte con la somma del benefattore che ho disposto, da trasferire alla Basilica Papale di Santa Maria Maggiore”.
Il Lunedì dell’Angelo alle 7:35 sale alla Casa del Padre: era il 13 marzo 2013, quando rivolto all’immensa folla che gremiva Piazza San Pietro, inizia il suo cammino da 266esimo Papa, con il suo gregge mondiale, tra quattro Encicliche, sette esortazioni apostoliche, quasi 60 Motu Propri.
Sceglie il nome Francesco, da San Francesco d’Assisi, per “costruire una chiesa povera per i poveri”. Ha agito senza orpelli ed ornamenti, una esistenza vissuta per il prossimo, all’insegna della prossimità, accanto agli scartati, pellegrino sulle orme di san Francesco.

In questi anni non si è mai stancato di chiedere preghiere per la pace, il suo obiettivo incessante tra Giornate di preghiera, ma anche redarguendo i potenti della Terra, stigmatizzando il mercato delle armi, chiedendo di costruire ponti e non di alzare muri, tanto da essere criticato molto spesso e non compreso. “Non dimentichiamo che la guerra sempre è una sconfitta, sempre!”, diceva nei suoi appelli che ci lascia come testamento morale.
Il Papa dalle parole coerenti e dai gesti simbolici e significativi, in una vita vissuta fino all’ultimo a contatto con i bisognosi con i fragili con tutti, in un mondo che rischia di farsi prevalere da ideali di sopraffazione.
Un vero pastore, che guardava al bene del Popolo indistintamente, nel suo magistero a servizio del bene comune, una chiamata vissuta nel sì, offrendo tutto se stesso, noncurante di chi gli è andato addosso senza tanti scrupoli. Ci ha sempre invitato a “non avere paura di fare una cosa buona o di andare controcorrente se si crede in una buona causa”, perché “la paura, secondo lui, può paralizzare e impedire di agire nel bene, impedendo la libertà di guardare avanti e di creare“.
Operatore di fraternità e costruttore di quei ponti tra le diverse religioni, ci ha lasciato un’eredità immensa e significativa, in una Chiesa di tutti e rivolta a tutti, dove persino le donne sono state chiamate a fare la loro parte, proprio da Papa Francesco.

Amato dai bambini, un rapporto speciale, specialmente con i meno fortunati. Particolare il legame con i piccoli degenti dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù che spesso andava a visitare senza preavviso, perché era solito dire che non bisogna lasciare nessuno solo.

Ai bambini ha lasciato un monito nelle sue udienze: “Aiutateci e aiutate il mondo a essere migliore”. Bambini che sono stati sempre nel suo cuore, “affinché ognuno venga tutelato, perché non cadano mai in forme di schiavitù, reclutamento in gruppi armati e maltrattamenti“.

Ha scelto, inoltre, di stare nelle carceri, nelle favelas, “chiamato dalla fine del mondo” come disse la prima volta quando si presentò al mondo in piazza san Pietro appena eletto, per poi morire nel Lunedì dell’Angelo, quando le donne annunciano la resurrezione, perché come dicono i gesuiti: ogni cosa è a gloria di Dio.
L’uomo vestito di bianco che spesso banchetta con gli ultimi, ascoltando i loro sogni, le loro speranze, le loro tragiche esperienze di vita, ma che parla con loro della pace nel mondo, della cura del creato, dei devastanti squilibri economici.
Perdono e speranza in un cammino non certo facile dove ha trovato delle resistenze accese, parlando anche ai non credenti e agli appartenenti ad altre religioni: credeva nella fratellanza umana.
Papa Francesco ha saputo credere che il mondo può migliorare, Lui che era amato ed odiato, discusso ed acclamato nelle sue scelte, nelle sue idee, ma che imperterrito andava avanti dialogando e confrontandosi con il Mondo, per tutelare i diritti negati.
Particolare il suo legame con la Madonna, alla quale affida il suo magistero, tanto che ogni volta che parte e ritorna da un viaggio apostolico, va a pregarLa nella basilica di santa Maria Maggiore, dove è custodita Maria Salus Populi Romani, l’icona bizantina, che la tradizione attribuisce a San Luca, Evangelista e patrono dei pittori, una tavola in legno di cedro raffigurante la Madonna col Bambino. 126 visite da vivo e l’ultima, la 127esima, da morto. Ed è proprio vicino alla cappella Paolina e la cappella Sforza, tra l’altro in prossimità dell’altare in onore di San Francesco, è stato sepolto, accanto alla Vergine Maria, nella navata sinistra, in una semplice nicchia, con funerali semplici ed essenziali, come è stata la sua vita terrena. Gli ultimi in prima fila ad attenderlo a Santa Maria Maggiore con una rosa bianca, i suoi amati figli: gli ultimi.

Si fa seppellire fuori dalle mura del Vaticano, in una sorta di periferia, in un quartiere multietnico, dove si è sempre collocato tendendo la mano ai poveri ed ai diseredati. Solo una scritta: Franciscus.
In questa basilica Basilica sono sepolti anche Pio V (1566-1572), Sisto V (1585-1590), Clemente XIII (1758-1769), Paolo V (1605-1621) e Clemente IX (1667-1669).
In tempi complessi come quelli che stiamo vivendo, è stato una guida per l’umanità che attonita piange questo pellegrino di pace e speranza.
Arrivederci in Cielo, Papa Francesco.
Franciscus, ultimo tra gli ultimi.

Papa Francesco, il testamento
“Chiedo che la mia tomba sia preparata nel loculo della navata laterale tra la Cappella Paolina (Cappella della Salus Populi Romani) e la Cappella Sforza della Basilica di Santa Maria Maggiore. Il sepolcro deve essere nella terra; semplice, senza particolare decoro e con l’unica iscrizione: Franciscus”
Miserando atque Eligendo
Nel Nome della Santissima Trinità. Amen.
Sentendo che si avvicina il tramonto della mia vita terrena e con viva speranza nella Vita Eterna, desidero esprimere la mia volontà testamentaria solamente per quanto riguarda il luogo della mia sepoltura.
La mia vita e il ministero sacerdotale ed episcopale ho sempre affidato alla Madre del Nostro Signore, Maria Santissima. Perciò, chiedo che le mie spoglie mortali riposino aspettando il giorno della risurrezione nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore.
Desidero che il mio ultimo viaggio terreno si concluda proprio in questo antichissimo santuario Mariano dove mi recavo per la preghiera all’inizio e al termine di ogni Viaggio Apostolico ad affidare fiduciosamente le mie intenzioni alla Madre Immacolata e ringraziarLa per la docile e materna cura.
Chiedo che la mia tomba sia preparata nel loculo della navata laterale tra la Cappella Paolina (Cappella della Salus Populi Romani) e la Cappella Sforza della suddetta Basilica Papale come indicato nell’accluso allegato.
Il sepolcro deve essere nella terra; semplice, senza particolare decoro e con l’unica iscrizione: Franciscus.
Le spese per la preparazione della mia sepoltura saranno coperte con la somma del benefattore che ho disposto, da trasferire alla Basilica Papale di Santa Maria Maggiore e di cui ho provveduto dare opportune istruzioni a Mons. Rolandas Makrickas, Commissario Straordinario del Capitolo Liberiano.
Il Signore dia la meritata ricompensa a coloro che mi hanno voluto bene e continueranno a pregare per me. La sofferenza che si è fatta presente nell’ultima parte della mia vita l’ho offerta al Signore per la pace nel mondo e la fratellanza tra i popoli.
Ha saputo ascoltare, ha dato voce a chi non l’aveva, vivendo tutto quello che ha predicato giorno per giorno: coerenza dunque, per il bene dell’umanità.
Santa Marta, 29 giugno 2022
Francesco