“Alle Fosse Ardeatine la mia famiglia è stata la più colpita dell’intera città. Sette vittime, tutti i maschi adulti che avevano catturato. Con lo zio Angelo mio nonno Mosè, suo figlio Pacifico e i tre figli maggiori di quest’ultimo: Franco, Marco e Santoro. È una cosa che ha colpito tutto il mondo, tre generazioni scomparse in un giorno solo. Il settimo è stato lo zio Cesare, anche lui fratello di mia madre. Lo hanno catturato il 21 marzo come gli altri miei parenti, ma in un posto diverso. (…)

Sono le parole di Giulia Spizzichino, ebrea romana, che all’epoca aveva 17 anni, che si salvò dal rastrellamento del ghetto di Roma, dell’ottobre 1943.
In seguito alla soffiata di un vicino di casa, il 21 marzo 1944, invece, quasi tutti i suoi parenti dal lato materno, la famiglia Di Consiglio, vennero arrestati. 26 persone, tra cui 11 bambini. Non si salvò nessuno. Sette di loro vennero trucidati nelle Fosse Ardeatine dove morirono 335 uomini, gli altri parenti finirono ad Auschwitz.

Era la primogenita di cinque fratelli, cresciuta al Testaccio che ha perso tragicamente le sue radici: i suoi cari non sono più tornati, come il più piccolo dei cugini che si chiamava Giovanni, che aveva appena due settimane di vita.
Giulia Spizzichino, chiamata dai suoi cari “la farfalla impazzita“, si sentiva come un lepidottero che sbatte le ali senza trovare pace. Lei che ha dedicato la vita a raccontare, a testimoniare quello che era realmente successo. Quando scoprirono che il criminale nazista Erich Priebke, il vice comandante ed uno dei responsabili delle Fosse Ardeatine, si trovava in Argentina, conducendo tranquillamente una vita tranquilla ed indisturbato, Giulia Spizzichino, nonostante fosse ormai settantenne, si recò fino a Bariloche e a Buenos Aires. Con i suoi racconti e le sue interviste, riuscì a sensibilizzare l’opinione pubblica argentina e a suscitare clamore ed interesse su una vicenda così sconcertante, accaduta in Italia cinquanta anni prima. L’Italia riuscì ad ottenere l’estradizione di Erich Priebke.
“…Perché, malgrado tutto, io spero ancora. Spero che questa farfalla impazzita riesca a posarsi su una bella corolla profumata“, aveva detto Giulia Spizzichino nel libro suo libro scritto con Roberto Riccardi, “La farfalla impazzita. Dalle fosse ardeatine al processo Priebke,” lei che instancabilmente ha testimoniato la realtà dei terribili fatti che l’hanno accompagnata per tutta la vita, con quel dolore iniziato con il rastrellamento della sua famiglia.
“Le vittime sono tutte uguali, come lo sono i carnefici” disse in Argentina, dove Priebke si era nascosto, in occasione dell’incontro con le Madri di Plaza de Mayo, l’ associazione che riunisce le parenti dei desaparecidos del regime militare.

Erich Priebke venne processato davanti al Tribunale militare di Roma tra il 1996 ed il 1997. Nel primo processo venne prosciolto per intervenuta prescrizione, per il reato di concorso in omicidio plurimo. Successivamente la sentenza fu annullata, con rinvio dalla Corte di cassazione e nel 1997 Priebke andò nuovamente a processo di primo grado, sempre davanti al Tribunale militare di Roma, in diversa composizione, che si concluse.con la condanna a 15 anni di reclusione, di cui 10 condonati. In appello, la sentenza venne riformata in ergastolo, poi confermato in Cassazione nella sentenza del 16 novembre 1998 dalla I sezione della Corte di Cassazione. Nel 1999 Priebke andò ai domiciliari, visse 100 anni e alla sua scomparsa fu sepolto in luogo anonimo per evitare che la sua tomba potesse diventare oggetto di pellegrinaggi di nostalgici.
“Li prelevarono tutti, i miei familiari che finirono fra gli agnelli sacrificali delle Fosse Ardeatine, dal carcere di Regina Coeli. Li chiamarono uno alla volta: per raggiungere il numero delle persone da uccidere avevano compilato delle liste. Dieci italiani per ciascuno dei nazisti colpiti in via Rasella, la decisione fu quella, dopo una serie di consulti fra alti ufficiali nazisti che pasteggiavano a champagne all’hotel Flora di via Veneto”, scrive nel suo libro la signora Spizzichino.
Lo scorso mercoledì 29 gennaio è andato in onda onda su Rai 1, il film che racconta la vera storia della sua storia, interpretato da un eccezionale cast con Elena Sofia Ricci nel ruolo di Giulia Spizzichino, Massimo Wertmüller il marito Umberto Sbarrini e Josafat Vagni è il figlio Marco.
Muore a 90 anni il 13 dicembre del 2016, è stata insignita del Cavalierato dell’ordine al merito della Repubblica nel dicembre 2015 dal presidente Giorgio Napolitano.
Giulia Spizzichino, la “farfalla impazzita” simbolo della memoria storica.
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