Per riflettere prima della Messa: 1° settembre 2024, XXII domenica Tempo ordinario (Anno B)

Puro e impuro Mc 7, 1-8.14-15.21.23 

 

Padre Ubaldo Terrinoni Infinite Realtà.it laura ciulli

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi venuto da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate (…) quei farisei e scribi lo interrogarono: “Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con le mani immonde?”.

Ed egli rispose: “Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. “Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate le tradizioni degli uomini”.

L’argomento di fondo riguarda ciò che è puro e impuro secondo la prospettiva dei farisei. Sono proprio questi che accusano i discepoli di Gesù perché prendono cibo senza prima essersi lavate le mani secondo la tradizione degli antichi. Il celebre Rabbi Akiba (50-135 d. C.) avrebbe preferito morire anziché mangiare senza le previe abluzioni. Altri maestri costringevano a percorrere anche molti chilometri per procurarsi l’acqua per le abluzioni.

E ciò perché, nel contesto culturale ebraico, la purità o l’impurità rituale ammetteva o escludeva dalla sfera del sacro (cioè dal dialogo con Dio) a seconda che si frapponeva o meno qualche ostacolo terreno tra Dio e l’uomo. L’ostacolo poteva essere costituito da tre realtà: da animali, cose e persone. Così avveniva, per esempio, che se un sacerdote toccava un animale particolare o un malato o un cadavere immediatamente risultava impuro e, quindi, inabile a offrire sacrifici e preghiere a Dio. E se qualcuno avesse osato compiere un’azione sacra in stato di impurità rituale, sarebbe stato escluso subito dal popolo di Dio (Lv 7,21).

In una disputa con scribi e farisei, Gesù cerca di ricondurre nel giusto alveo la questione del puro e dell’impuro, e afferma che la radice ultima è da ricercare nel cuore dell’uomo e non un in un oggetto o in una realtà esteriore: “Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può contaminarlo, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va a finire nella fogna? Dichiarava così mondi tutti gli alimenti. Quindi soggiunse: “Ciò che esce dall’uomo, questo sì contamina l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l’uomo” (Mc 7, 18-23).

Dunque, al rigido legalismo farisaico, Gesù oppone la religiosità del cuore, cioè la religiosità che si fonda sulla sfera interiore dell’uomo; è chiamato in causa il cuore per discriminare ciò che è puro e ciò che non lo è. Questo centro vitale era, nell’antropologia biblica, il centro della personalità, la sede dei pensieri, dei programmi, delle scelte del vivere quotidiano.  Inoltre la purezza di cui parla Gesù coinvolge tutta la vita e tutte le manifestazioni della persona. Quindi è coinvolta la limpidezza dei costumi, degli affetti, dei desideri, delle azioni, dei pensieri, dei progetti… di tutto! Si apre su una visione globale della vita dell’uomo, comprende e coinvolge tutto il suo mondo interiore ed esteriore.

Solo Gesù è il grande medico che è capace di guarire tutto il male che portiamo nel nostro cuore, nel sacrario della nostra coscienza. In noi può esserci tristezza, sfiducia, delusione, amarezze, sofferenze intime, malizie, cattiverie, violenze…Solo Gesù riesce a sanare il male alla radice trasformando il nostro cuore e fare di noi delle creature nuove. Anche gli antichi filosofi avevano stilato tanti elenchi di virtù e vizi, ma non avevano saputo offrire il rimedio, che è e resta esclusivo intervento del Maestro divino.

 

 

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