Utilizzare epiteti offensivi su social come Facebook può portare a configurare reati contro l’onore.
È quanto ribadito nei giorni scorsi dalla sentenza della Corte di Cassazione che bandisce il termine “bimbominkia” dal web nella quale l’animalista siciliano Enrico Rizzi rappresenta la persona offesa, poiché offeso da un’amica di Moltrer, che lo insultato definendolo appunto “bimbominkia”. Per la donna è scattata la condanna.
Questo epiteto, infatti, definisce una persona con un quoziente intellettivo sotto la media e, dunque, va considerata un’offesa vera e propria.
In questo caso, questa ingiuria è stata scritta in un gruppo di Facebook da più di 2000 iscritti: è questo l’elemento che l’ha resa una diffamazione aggravata. Precedentemente, infatti, la Cassazione aveva stabilito che l’offesa su internet equivale alla diffamazione a mezzo stampa. Quindi, offendere qualcuno su Facebook è grave, come farlo su un giornale.
Così, la Corte di Cassazione avverte chiunque si esprima in modo offensivo sui social network invocando il diritto di critica, che non giustifica il diritto di usare espressioni che ledono l’altrui onore.