Pino Scaccia, il reporter di razza che ha dato valore alla notizia

Vorrei tanto tornare a vedere un mondo a colori pieno di sole per tutti”, scriveva Pino Scaccia, uno dei giornalisti sicuramente più qualificati dell’informazione televisiva Rai.

Giuseppe Scaccianoce – era questo il suo nome anagrafico – ci raggiungeva con le sue notizie da ogni parte del mondo. Del resto si definiva “un gabbiano di frontiera“, dopo aver letto la poesia di Vincenzo Cardarelli che parla, appunto, di un gabbiano il cui desiderio è di vivere in pace, ma il cui destino è quello di vivere costantemente in burrasca. Il destino che come disse in un’intervista “che mi sono portato dietro sempre”.

Un anno fa ci ha lasciato. Era, infatti, il 28 ottobre 2021, e la notizia quel giorno è stata proprio quella della sua scomparsa.

Era stato ricoverato all’ospedale  San Camillo di Roma, aggravandosi a seguito delle complicazione dovute all’infezione da Covid-19, contratta nella clinica dove era ricoverato in precedenza.

Pino Scaccia, Un inviato con l'animaUn’ottima pubblicazione, per chi volesse conoscere meglio lo storico inviato del Tg1 Rai oltre alle sue veramente interessanti, è il libro “Pino Scaccia un inviato con l’anima “- da Selesport al TG1 RAI,  edito da Tralerighe libri. Racconta la carriera del giornalista dal Kuwait, dove intervistò Oriana Fallaci, alla centrale nucleare di Chernobyl, all’ intervista al giudice Giovanni Falcone, al ritrovamento dei resti mortali di Che Guevara. Un libro sulle tracce del Novecento, che la professoressa biellese Anna Raviglione ha completato, seguendo il canovaccio già impostato. insegnante di Italiano e Storia al «Bona»

Un’amicizia speciale quella tra Pino Scaccia e l’insegnante di Italiano e Storia al “Bona” Anna Ravaglione, scaturita dalla comune passione proprio per la storia e la scrittura.

La loro è stata un’amicizia speciale nata dalla passione comune per la storia e la scrittura, come riportato da varie testate giornalistiche.

Chi sta scrivendo, lo conobbe in occasione della presentazione di un libro di Laura Scanu nel settembre del 2014, a Viterbo. Mi parlò del suo  lavoro di una vita, del suo impegno in giro per il mondo, tra guerre e tragedie infinite, per documentare, “per ascoltare la voce del mondo”, come scriveva. “Viaggi che non finiscono mai perché – come affermava – te li porti dentro ti restano sulla pelle”. Ma nel cuore di Pino c’erano anche i bambini del mondo e specialmente il sorriso di quelle piccole creature innocenti, che incontrava nei suoi reportage.

Oggi, ad un anno dalla sua scomparsa, il mio pensiero va ad una persona con una grande carica umana, di alto spessore e valore, che porto sempre nel mio cuore.

Pino Scaccia, Laura Ciulli

di Pino Scaccia

Mi chiamo Felicita. Il nome me lo ha messo il mio amico Lupino che vado a trovare spesso a Scilla. Mi poso sul suo balcone, trovo sempre qualcosa da mangiare, come se lui mi aspettasse. In realtà sono una gabbianella. Chissà come ha scoperto che sono un gabbiano femmina, con i maschi non abbiamo grandi differenze, siamo gabbiani e basta. E’ confortante arrivare da lui quando il mare è grosso ed esalta gli scogli, è bello riposarsi per tipi come noi abituati a volare contro i venti. Ma ci riposiamo poco: diciamo di amare la quiete marina ma in realtà, per dirla con il poeta, il nostro destino è di vivere balenando in burrasca.

In fondo non è una brutta vita quella del gabbiano. Si sorvola il mondo, lo sfioriamo appena per acciuffare il cibo ma stiamo sempre in alto, sopra tutti. Lassù, sapete, non ci sono differenze. Non si distinguono i colori della gente, voi umani per noi gabbiani avete la stessa pelle. Che colore? Inventatevelo voi che avete sempre il problema di distinguervi, di notare le differenze. Per noi è semplicemente il colore della pelle, è tutto uguale come tutto il sangue è rosso. Per uno strano miracolo che solo a noi gabbiani può riuscire notiamo le differenze solo negli occhi. Eh sì, gli occhi non sono tutti uguali. Ci sono occhi neri come la notte, blu come il mare, verdi come l’erba, gialli come il fieno.

Una volta, volando da gabbiano di frontiera sopra una terra insanguinata dalla guerra, ho notato una bambina che aveva gli occhi color miele selvatico. Correva, stranamente felice, nonostante le bombe. Aveva una sola cosa più bella degli occhi, anzi due. Il sorriso. E la voglia di libertà”.

Foto tratte dal web

 

 

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