La pandemia che condiziona negativamente l’informazione, l’accesso alle notizie.
È quanto emerge dal rapporto annuale di RSF, Reporter Senza Frontiere, ma soprattutto viene fuori che attualmente il giornalismo è ostacolato in più di 130 Paesi.
Ci sono, infatti, particolari situazioni che sono reputate “problematiche”, “difficili” nel 73% dei 180 Paesi valutati.
La Norvegia, per il quinto anno consecutivo, detiene il primo posto, davanti a Finlandia e Svezia.
Resta di fatto che la pandemia ha esacerbato la repressione nei Paesi più chiusi come Arabia Saudita al 170esimo posto, facendo scaturire un blocco degli accessi alle fonti per i giornalisti, giustificato dalle norme anti Covid-19.
L’Europa rimane la regione più sicura, ma si sono moltiplicate, stando a Rsf, le aggressioni e gli arresti abusivi.
L’Italia è al 41esimo posto e rimane comunque sicuro dal punto di vista della libertà di espressione. Nonostante tutto, nel nostro Paese sono circa ventina i giornalisti che vivono sotto la protezione della polizia per via intimidazioni, minacce di morte ed anche attacchi contro di loro.
Gli Stati Uniti sono al 44esimo posto.
La zona rossa è rappresentata dal Brasile, la Russia, l’Africa.
Inoltre va segnalato il caso della Malesia, un Paese caratterizzato da una sorta di arretramento più netto (119/ma posizione, -18) nella classifica della libertà di stampa approvando un decreto anti-fake news, che concede al governo il diritto di imporre la propria versione della verità.
Il prossimo 3 maggio, in piazza Montecitorio, nella Giornata mondiale della libertà di stampa, ci sarà una manifestazione per chiedere che anche in Italia siano pienamente garantiti i diritti alla libertà di stampa, alla riservatezza delle fonti ed alla tutela stessa.

Del resto anche Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato della Repubblica Italiana, recentemente ha definito il giornalismo come “baluardo della democrazia”.
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