Oggi abbiamo l’occasione di presentarvi il lavoro di Gianluca Belei, fotoreporter professionista, che ha realizzato un reportage sul culto di Santa Rosa a Viterbo.
49 anni, una lunga carriera professionale alle spalle. Ha lavorato per i più importanti editori italiani ed esteri e per diverse istituzioni nazionali e internazionali. Attualmente un suo reportage sull’aldilà etrusco è in mostra all’aeroporto Elmas di Cagliari all’interno della mostra Omphalos, dopo essere stato esposto alla Società Geografica Italiana. Ha diversi progetti di ricerca fotografica aperti e tra questi, appunto il Culto di Santa Rosa, di cui pubblichiamo un estratto.
Quello che ti voglio chiedere Gianluca, e credo sia la domanda che vorrebbero farti tanti fotografi non professionisti, è: Come nasce un reportage?
G.B. Grazie Laura della domanda diretta. Un reportage nasce dall’esigenza di documentare un evento, un luogo, un popolo. Per semplificare e rendere più facile la comprensione del mestiere del reporter, puoi immaginare un reportage fotografico come un piccolo film composto da un numero limitato di immagini. Di solito si sintetizza tutto in 20 o 40 fotografie, mi riferisco sempre a un lavoro svolto per un magazine che ha ovviamente un numero di pagine limitate per pubblicare il tuo lavoro. Usando le professionalità del cinema ti posso dire che inizialmente cerco il soggetto, la storia, nel nostro caso il Culto di Santa Rosa. Su questo costruisco la mia sceneggiatura.
Come vedrai dalle fotografie ho scelto diversi momenti significativi del 2 e 3 settembre, a Viterbo.
L’esposizione della Santa, il picchetto d’onore, la devozione popolare a Santa Rosa, la processione, il corteo storico e quello dei facchini, la loro devozione, il bosco, la benedizione e infine il trasporto della Macchina di Santa Rosa, il “Semo tutti d’un sentimento?”. Di ogni passaggio ho già informazioni. Se non sapessi prima, ad esempio, della cerimonia della consegna della Mazza, rischierei di perderla, magari perché in quel momento potrei essere distratto da altro. Per cui è fondamentale documentarsi sempre prima su quello che andiamo a conoscere direttamente e a raccontare. Dopo questa fase preparatoria fondamentale, arriva il momento delle riprese. Lì sei contemporaneamente il direttore della fotografia e il regista. Gestisci la luce rispetto al soggetto che ti interessa. Ovviamente non puoi muovere dei fari, ma ti muovi attorno alla scena illuminata, seguendo le indicazioni del regista. Alla fine del lavoro hai il montaggio del reportage fotografico con le fotografie che hai realizzato. Questo spesso è un momento doloroso per il fotografo. Devi scegliere. E la scelta non è sempre facile. Hai delle foto che raccontano meglio l’evento e che magari sono meno d’effetto di altre, ma sono funzionali per fare comprendere al lettore quello che è accaduto. Tutto questo ovviamente è l’aspetto diciamo razionale, poi hai quello emotivo, creativo e istintivo. Questi aspetti sono alla fine quelli che danno il taglio fotografico alle tue immagini e rendono il reportage personale. Ognuno di noi coglierà delle sfumature diverse dello stesso evento.