Per riflettere prima della Messa: 3 agosto 2025, XVIII Domenica Per Annum – ANNO C

Il ricco stolto Lc 12, 13-21

In quel tempo, uno della folla gli disse: “Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità”. Ma gli rispose: “O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”. E disse loro: “Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni”.

Disse poi una parabola: “La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò all’anima mia: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia.

Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio”.

Il brano prende l’avvio narrativo, come accade sovente in Luca, da una concreta esperienza di vita, cioè da un fatto di cronaca vera (due fratelli non sono d’accordo nel dividere l’eredità) al quale fa subito seguito un saggio monito di Gesù valido per tutti (v. 15) e che prelude immediatamente all’ascolto e alla riflessione della parabola del “ricco stolto” (vv. 16-21). Uno dei fratelli si appella a Gesù per dirimere la vertenza di eredità. Questo ci permette di scoprire anche l’alta stima di cui godeva Gesù: un personaggio imparziale, al di sopra delle parti.

La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto! Ormai a lui non resta che approntare un programma ideale di vita da trascorrere nel benessere e nel consumismo: “Riposati, mangia, bevi e datti alla gioia” (v. 19). Ormai è lui soltanto con la sua ricchezza; tutti gli altri sono fuori, sono esclusi: familiari, parenti, amici, conoscenti e…anche Dio è tramontato dal suo orizzonte. Per ampliare i magazzini ci pensa lui senza aver bisogno del consiglio di altri. Questo è confermato dal monologo interiore; si noti che tutti i verbi sono alla prima persona singolare del futuro:

“Farò così: demolirò i miei granai; ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò…” (vv. 18-19).

Pensa ai suoi molti beni da godere per molti anni. Non lo riguardano coloro che soffrono, coloro che sono poveri e hanno fame. Ha chiuso gli occhi alle ferite degli altri e le orecchie al grido dei poveri. Una porta ben sbarrata separa quel suo piccolo mondo felice da quello di tutti gli altri. Solo con i suoi beni; solo con il suo programma edonistico. La “felice” solitudine viene evidenziata dalla martellante cadenza del pronome possessivo:

“I miei raccolti, i miei magazzini, i miei beni, dirò all’anima mia: anima mia: Ti sarà richiesta l’anima tua” (vv. 17-20).

Improvvisamente questo ricco viene fatto ritrovare sulla soglia dell’aldilà, all’ultima ora della sua vita terrena; ha programmato tutte le ore della vita, ma non ha messo in conto l’ultima, adesso quest’ora è scoccata; deve partire, ma è impreparato, è a mani vuote. Proprio per questo Gesù lo designa “stolto” (greco àphron, cioè “stupido, vuoto, fatuo, insignificante…”). Ha riposto la sua fiducia nelle cose e non nelle persone. E ora le cose non possono aiutarlo. L’esperienza largamente insegna che ricchezza chiama ricchezza, e la ricchezza chiama avidità, ingordigia insaziabile. Gesù qui la precisa col termine pleonexia, cioè “avidità, ricchezza insaziabile, desiderio smodato, bramosia senza limite…”. Più si ha e più si desidera di avere. Accade poi che chi più ha si ripiega sul proprio cospicuo patrimonio, si isola, si protegge e si difende da tutti e da tutto, perché vede nemici e pericoli dovunque. E così tristemente avviene che la bramosia dei beni terreni capovolge la scala dei valori: il mezzo diventa fine.

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