Per riflettere prima della Messa: 23 febbraio 2025, VII Domenica del tempo ordinario – ANNO C

"Ma a voi che ascoltate io dico...Lc 6, 27-38

Ma a voi che ascoltate io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso…!

Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro…”.

 

Si noti la frase di avvio del discorso di Gesù: A voi io dico…. Egli vuole richiamare l’attenzione dei suoi discepoli poiché sta per offrire a loro un messaggio estremamente prezioso e importante; è appunto per questo che egli intende impegnare tutto il peso della sua autorità. In realtà, il messaggio è davvero rivoluzionario. Si articola tutto sul verbo fare, sulla pratica, su un impegno concreto. Nella letteratura rabbinica (e anche in quella pagana) ci si imbatte in un messaggio espresso in chiave negativa: “non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te stesso”. Il Vangelo invece si apre su una breccia che libera e lancia il discepolo verso “l’altro”, verso il prossimo, impegnato a fare.

Questo testo evangelico possiamo comprenderlo in tre messaggi. Nel primo (vv.27-34), il Maestro propone di immettere nel mondo la logica dell’amore al posto della logica dell’egoismo. Dispone di rispondere, col bene al male, con l’amore all’odio, con la benedizione alla maledizione. Ed è proprio così che si spezza la spirale della vendetta e della violenza. Il cristianesimo è la più alta rivoluzione della storia dell’umanità – affermava Benedetto Croce 1866-1952, critico letterario e scrittore -, perché ha portato l’amore, e non la cultura dei Greci né il diritto dei Romani”. Per cui, la peggiore crisi dell’umanità potrebbe essere soltanto la crisi d’amore. Nella vita dell’uomo, il giorno più nefasto è quello vissuto senza amore.

Nel secondo messaggio (vv. 35-36) Gesù afferma che l’amore sollecita a imitare Dio Padre, il quale ama tutti ed ognuno di noi gratuitamente: egli non calcola l’amore che dona; non si perde in giudizi; non si accerta prima se ne siamo degni o meno, ma fa come il sole e come la pioggia: riscalda tutti e irrora tutti, senza distinzione alcuna. Anzi l’amore di Dio e l’amore del prossimo si reclamano come vasi intercomunicanti; ogni atto di bontà dell’uomo si riallaccia sempre all’amore di Dio, come conferma l’apostolo Giovanni: “Se uno dicesse: io amo Dio, e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv 4,20).

Nel terzo messaggio (vv. 37-38), Gesù ha un riferimento anche al “guadagno” e garantisce che nessun gesto di carità andrà mai a vuoto, neppure un bicchiere d’acqua (Mt 10,42). Ma Dio darà a tutti “una buona misura, pigiata, scossa e traboccante” (Lc 6, 38). Dunque la breve e preziosa sezione sull’amore si conclude con un proverbio molto noto alla letteratura rabbinica: “Con la misura con cui misurate sarà misurato a voi in cambio” (v. 38). Cioè per colui che compirà gesti generosi di amore verso i fratelli bisognosi, è garantito che corrisponderà una generosa sovrabbondante ricompensa divina.

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