Per riflettere prima della Messa: 19 ottobre 2025, XXIX Domenica Per Annum – ANNO C

 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: “C’era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi”.

E il Signore soggiunse: “Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”.

La parabola narra la vicenda di una vedova povera e indifesa che, alla fine, ha la meglio a forza di insistere nei confronti di un giudice ateo e indolente. Costui se la prende comoda e rimanda al sine die il programma di fare giustizia alla vedova. Ma è proprio l’insistenza della donna a prevalere; infatti il giudice si arrende dicendo: “poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga a importunarmi” (v. 5). Da tener presente che nella cultura ebraica le vedove, gli orfani, gli stranieri e i pellegrini godevano di una singolare protezione da parte della Torah in quanto erano gli indifesi per eccellenza (Is 1, 17): “Difendete il debole e l’orfano; al misero e al povero fate giustizia – raccomanda il salmista -; salvate il debole e l’indigente, liberatelo dalle mani degli empi” (Sal 82, 3-4).

Dunque la supplica insistente finisce per piegare il giudice pagano, certamente riuscirà a piegare anche il cuore di Dio Padre. La conferma si ha anche dalla prima lettura: quando Mosè sollevava le mani oranti verso il cielo, Israele aveva la meglio nella battaglia; quando le abbassava per la stanchezza, allora la vittoria era dell’esercito avversario (Es 17, 8-13). La preghiera deve inserirsi nel vivo tessuto della nostra esistenza; per cui si conferma anche in questo campo spirituale l’equazione: fare della preghiera una vita e della vita una preghiera. Il primo biografo di san Francesco afferma che egli “non era tanto un uomo che pregava, ma quanto lui stesso trasformato in preghiera”; il dialogo con Dio era tutta la sua vita.

La preghiera è un esercizio vitale che qualifica tutte le ore della nostra giornata. Per cui, parafrasando un noto proverbio di casa nostra, possiamo dire: “dimmi come preghi e ti dirò chi sei”. Si, la preghiera rivela la qualità della tua vita: “tu sei quel che preghi, non sei quel sai!”. Il grado della tua fede dipende dalla intensità della tua preghiera; la forza della tua speranza dipende dal dinamismo della tua preghiera; il calore della tua carità dipende dall’amore della tua preghiera. L’apostolo Paolo si sintonizza su questa lunghezza d’onda del Maestro Gesù e, rivolgendosi ai primi cristiani, raccomanda: “Siate perseveranti nella preghiera e dedicatevi senza sosta alla preghiera di ringraziamento” (Col 4, 2); scrivendo alla comunità di Efeso, esorta: “pregate senza interruzione, con invocazioni e suppliche di ogni genere” (Ef 6, 18); e chiudendo la lettera alla comunità di Tessalonica, ricorda: “pregate incessantemente” (1Tes 5,17).

Dunque la preghiera non è un di più o qualcosa di superfluo o di inutile. Tutt’altro! È essenziale al nostro vivere quotidiano. È un’attività naturale come naturale è respirare. Anzi, sa vivere bene, chi prega bene. Vita e preghiera costituiscono uno stretto binomio: l’una richiama l’altra. E non è questione di molte preghiere, di formule, di invocazioni, cioè non è questione di quantità, bensì di qualità della nostra preghiera. Gesù al riguardo è chiaro e preciso: “quando pregate, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole” (Mt 6, 7).

Pertanto il pregare non è uno dei tanti impegni della giornata, non è uno dei momenti di “stacco” dai problemi e dai drammi; non è neppure una specie di rifugio, in cui ci si ripara soltanto in caso di pericolo. Affatto! La preghiera è il centro, il fulcro, il cuore del vivere quotidiano del singolo cristiano. È la preghiera che sostiene e scandisce il ritmo delle ore di quelli che sono riuniti nel Cenacolo. È la preghiera che tiene il mondo in piedi. “Chi prega ha le mani sul timone della storia” (san Basilio).

E la preghiera fa succedere sempre qualcosa; pertanto non esiste la preghiera inutile, innocua, superflua. Al contrario! La preghiera anche quella più modesta e silenziosa è la più radicale e travolgente forza rivoluzionaria. Quindi è saggio e tanto raccomandabile pregare e prendere le distanze da quanti ritengono che il dialogo con Dio è un alibi, un’evasione dai veri problemi della vita, un’alienazione dalla realtà concreta, quotidiana. A queste pericolose e insidiose insinuazioni risponde san Paolo VI: “La preghiera non è un’evasione, ma un’invasione del divino nella vita”. Il tempo della preghiera è quello in cui siamo particolarmente dinamici e molto fruttuosi

Non copiare il testo!