Daniele Vriale, scrittore fiorentino pluripremiato per le sue opere, torna in libreria con “L’ultimo passo”, pubblicato in seconda edizione dalla Robin Edizioni – collana Robin&sons
Al centro di questo romanzo psicologico il sempre più attuale tema dell’eutanasia, che viene affrontato però senza la tragicità della malattia e dove al cospetto della morte la vita assume una rilevanza assoluta.
All’indomani del suo 75esimo compleanno, festeggiato con gli amici di una vita, Duccio Vigiani, giornalista sportivo della Nazione, oramai in pensione, si reca, come programmato da alcuni mesi all’insaputa di tutti, a Forch, in Svizzera, per sottoporsi all’eutanasia, nonostante non sia affetto da alcuna patologia, se non l’incipiente vecchiaia da lui identificata come una malattia incurabile.
Al LIFE INSTITUTE dovrà sostenere tre giorni di colloqui con la Dottoressa Kramer, psicologa legale di stato, il cui parere risulterà vincolante per l’accesso alla procedura della morte assistita.
Daniele, perché trattare un argomento tanto delicato e, soprattutto, da che angolazione affrontarlo date anche le ultime novità avvenute in materia nella tua regione, la Toscana?
Il fine vita viene trattato nell’ambito più ampio del libero arbitrio, della possibilità di gestire la propria uscita in assoluta autonomia, così come una qualunque altra decisione intrapresa nel corso della propria vita.
La legge regionale toscana sul fine vita è successiva alla scrittura del romanzo ed ha il pregio di sanare un vulnus legislativo nazionale.
In che modo le esperienze passate di Duccio modellano la sua visione della vita e della morte?Duccio ha amato fervidamente la vita, e l’ha vissuta appieno. Adesso, con l’approssimarsi della vecchiaia, teme proprio di cadere in una condizione che gli impedisca di cogliere tutti i suoi frutti e di poterla interpretare a suo piacimento. È il suo amore per la vita piena che lo induce a questa drastica decisione.
Come viene definita, invece, la vecchiaia dal protagonista?
Ne ha paura, al pari di una malattia. Teme che possa renderlo deficitario nel corpo e nella mente.
I colloqui con la Dottoressa Kramer diventano una sorta di flusso di coscienza?Nei tre giorni di colloquio, Duccio ripercorre tutta la sua vita, i suoi amori, le passioni, le illusioni e le difficoltà. Ci trasmette, così, il cuore della sua esistenza e la sua chiave interpretativa del vivere. Con le sue domande, la Dottoressa Kramer ne metterà in risalto paure e contraddizioni.
La fede ha un qualche ruolo all’interno del libro e nella vita di Duccio?
Duccio non è un uomo di fede, non ha mai abbracciato alcuna religione, anche se nell’età adulta è stato affascinato dalle filosofie orientali. La sua è una decisione agnostica.
E gli affetti più cari?
Con il trascorrere del tempo gli affetti più cari si sono rarefatti e Duccio ha imparato ad innamorarsi del bello del mondo; i luoghi e i non luoghi, la musica e il cinema, la letteratura e il silenzio. Questi sono i suoi nuovi affetti con cui ha riempito gli ultimi anni della sua vita.
La vita e la morte: due facce della stessa medaglia. Per concludere, come la seconda può dare valore alla prima?
Quando si percepisce l’avvicinarsi della fine della propria esistenza, si amplifica il desiderio di vita e dei suoi piaceri. Duccio non vuole vivere privandosi anche di una sola quota parte del suo godimento, per lui la vita ha senso solo se la si può gustare appieno, in tutto e per tutto.