In quel tempo, il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio di pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l’operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa.
Nel capitolo precedente (9, 1-6) Gesù invia in missione i Dodici, ma solo l’evangelista Luca riporta nel capitolo che segue la missione dei 72 discepoli, il che vuol dire che la missione non è compito soltanto dei Dodici, ma è di tutti i discepoli. Il numero ha un forte richiamo simbolico: secondo Genesi 10, il numero delle nazioni presenti sotto il cielo è di 70 (72 secondo la redazione greca dei LXX); stando alla tradizione giudaica, la voce del Sinai si diffuse nelle 70 lingue in modo che tutti potessero ascoltarla. Ovviamente l’autore vuole sottolineare l’universalità della missione: tutti inviati a tutti! L’ardente desiderio del Cristo è che il Vangelo giunga a tutte le genti. È commovente rilevare che il Signore ha voluto aver bisogno degli uomini!!!
Ecco io vi mando! È il Cristo risorto che designa e manda i suoi in missione. Anche oggi è ancora lui che invia mediante la Chiesa come conferma il Decreto conciliare “sulla missione della Chiesa”: “La Chiesa peregrinante per sua natura è missionaria, in quanto trae origine dalla missione del Figlio e dello Spirito Santo, secondo il disegno del Padre” (Ad Gentes, 2). Pertanto la missione non è il saggio risultato di un nostro programma personale, ma è il rimando fedele a colui che “designa e invia”. Il Vangelo che devono recapitare i missionari è molto importante e decisivo per la vita e le scelte nel vivere feriale. E’ un’occasione unica nella vita.
Pace a questa casa! Questo è il messaggio da recapitare ai popoli; è breve e urgente. Riassume in una certa angolazione l’essenza del cristianesimo. La pace è un dono divino, ha nel Signore l’unica fonte. Infatti se si esclude “il Principe della pace” non sarà possibile la convivenza fraterna. Siamo in presenza di un obiettivo molto alto, ben più alto di una semplice intesa politico-sociale. Si va “come agnelli in mezzo ai lupi” e non come cacciatori tra i lupi. Il Mahatma Gandhi ha messo in evidenza “il principio della non violenza come arma dei forti”, ma più esattamente bisogna dire che l’arma dei forti è l’amore che non disarma mai. Ècosì che si risulta costruttori di pace realizzando con i fratelli un’intesa di piena comunione.
I settantadue tornarono pieni di gioia! I messaggeri del Vangelo non sono andati a elemosinare consensi, ma ad annunziare “la prossimità del Regno” (il Regno dei cieli è vicino). Ed è stato un vero successo, anche satana è visto cadere come folgore. Però, il buon senso insegna che di fronte all’annuncio non sempre si hanno risposte positive, non sempre amabili accoglienze, non sempre esaltanti successi, e tuttavia la corsa del missionario non deve né rallentare né cambiare. Ma non è dei successi apostolici che devono gioire i messaggeri del Vangelo, ma perché “i loro nomi sono scritti nei cieli”; ormai essi hanno il posto garantito nei cieli, in Dio.