“Corri di nuovo, caro Gigi, e tendi ancora quelle tue lunghe braccia al cielo, corri e guarda in alto”, così l’arcivescovo di Cagliari Giuseppe Baturi ai funerali di Gigi Riva
Testo dell' omelia dell'arcivescovo Giuseppe Baturi per i funerali del grande campione Gigi Riva
La redazione di InfiniteRealtà.it ha deciso di proporre ai propri lettori il testo dell’omelia per i funerali di Gigi Riva nella basilica di N.S. di Bonaria, pubblicato dalla Diocesi di Cagliari, dell’arcivescovo Giuseppe Baturi.
Basilica N.S. Bonaria
Cagliari, 24 gennaio 2023
Sap 3,1-9
Sal 102
Gv 6,35-40
“Lo sport è come la vita. È arte e disciplina, estro e fatica. Si compete per conquistare qualcosa che fa bene a se stessi ma dentro una passione condivisa, collettiva, qualcosa che non si può comprare ma solo meritare con umiltà. Lo sport è gioia, porta a dare il meglio di sé nell’educazione della mente e del corpo, nella perseveranza, nella lealtà e nel coraggio, nella collaborazione con gli altri e nell’amicizia. Lo sport è un dono del Creatore, perché aiuta a vivere in modo bello, armonioso, equilibrato e forte.
In questi giorni abbiamo celebrato tutto questo in Gigi Riva, ma anche, e forse soprattutto, altro. Abbiamo ricordato i meriti dello sportivo e ammirato la grandezza dell’uomo, la sua generosità e riservatezza, quella profondità di amore e dolore, di passione e malinconia, mai gridata, che si lasciava leggere con schiettezza ma mai possedere, che non si poteva né vendere né comprare.
Non sorprende, allora, la presenza dei suoi ammiratori e amici e di questo popolo di Cagliari e di Sardegna che è stato per lui una dimora accogliente lungo la vita. Ha trovato in questo popolo una dimora bella, piena di calore e rispetto, di cui ha voluto condividere la bellezza e il cammino, le strade e l’odore del mare. Qui ha piantato la tenda della sua famiglia, ha cresciuto i suoi figli, Mauro e Nicola, ha gioito della nascita dei nipoti. Riva si è sentito parte di questo popolo che lo ha accolto come un figlio prediletto e che lo ha amato con devota ammirazione e rispetto pieno di gratitudine. Adesso il cuore di Cagliari è qui, lo saluta e prega per lui il Signore che ama la vita.
La promessa di Gesù ci conforta: «Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno» (Gv 6,39). Nulla si perde di quanto consegniamo nelle mani del Risorto. Questa consegna fiduciosa è proprio il senso del nostro radunarci oggi per pregare e fare memoria insieme.
La liturgia che stiamo celebrando è la memoria viva della morte e risurrezione di Gesù Cristo. Per i credenti la morte è il passaggio necessario per la consegna totale al Dio della vita, nel cui abbraccio ogni fame e ogni sete, secondo le parole di Gesù nel Vangelo, vengono soddisfatti in eterno, nella gioia di quel bene che non sappiamo definire in modo appropriato ma che sappiamo essere vero, che inseguiamo indomiti, con passione, sempre inquieti e mai sazi. Risponde a verità che, come ci ricorda il Salmo, siamo polvere e i nostri giorni passano presto, ma nel nostro cuore c’è uno slancio di eternità che ci pungola, una fame di vita e verità, amore e felicità, che gridano il per sempre che, prima di una esigenza dell’uomo, è un attributo di Dio: «Tu sei sempre lo stesso / e i tuoi anni non hanno fine. / I figli dei tuoi servi avranno una dimora, / la loro stirpe vivrà sicura alla tua presenza» (Sal 102,28-29). Ecco, l’eternità di Dio è la dimora adeguata all’abisso del cuore dell’uomo, la dimora che cerchiamo e che troviamo nella fede. La presenza di Dio è la dimora in cui siamo amati e rinnovati.
Il cero pasquale che sta davanti al corpo di Gigi Riva, acceso la notte di Pasqua, annuncia che le tenebre della morte sono state vinte dall’amore totale del Figlio di Dio che per salvarci è divenuto figlio dell’uomo, è sceso nel buio della morte per aprirlo a una speranza di vita eterna: «Io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,40).
Che nulla, o Signore, vada perduto. Molte sono le immagini di questi giorni, la maggior parte delle quali fissano l’eleganza della corsa, la bellezza e la potenza del gesto. E poi, dopo la rovesciata di Vicenza o il sinistro di Città del Messico, quella esultanza spontanea, come tutti noi da bambini, a braccia alzate, guardando il cielo e correndo incontro all’abbraccio dei compagni.
Corri di nuovo, caro Gigi, e tendi ancora quelle tue lunghe braccia al cielo, corri e guarda in alto. Noi oggi preghiamo perché il Signore ti venga incontro e ti abbracci in quella dimora dove potrai conoscere la Verità e vivere l’Amore senza ombra e senza fine.
Dio sia la tua dimora per sempre, insieme ai tuoi cari genitori, alla tua amata sorella Fausta e a tutti i tuoi cari. Vivi nella pace”.
Foto tratte dal web